Avere un lavoro che si odia fa male alla salute quanto essere disoccupati. È quanto rivela uno studio pubblicato sulla rivista Psychological Medicine dai ricercatori australiani dell’Australian National University.
Si tratta del primo nel suo genere e utilizza i dati tratti da un campione di 2.603 intervistati ricavati da un sondaggio inglese rappresentativo a livello nazionale per confrontare la salute mentale di coloro che sono disoccupati con quella di chi ha un posto di lavoro di “bassa qualità psicosociale“.
Con tale definizione non si fa riferimento al lavoro in fabbrica piuttosto che a quello svolto in ufficio fatiscente e poco illuminato, ma a precisi fattori psicologici, come un lavoro impegnativo, l’insicurezza occupazionale, l’impossibilità di crescere, la presenza di un capo cattivo o i bassi standard sulla sicurezza. Tutto questo rappresenta un fattore di rischio per la salute mentale del lavoratore.
I ricercatori, dopo aver confrontato la salute mentale dei cittadini britannici che erano disoccupati con quella dei lavoratori poco “soddisfatti”, hanno scoperto che entrambi correvano il rischio di incappare in problemi di salute mentale come stress, ansia o depressione. “Tutti e due questi gruppi di individui ahnno le stesse probabilità di soffrire di disturbi mentali comuni“, spiega il professore associato Peter Butterworth in una nota.
“È importante sottolineare – conclude Butterworth – che i risultati di questa analisi dei dati del Regno Unito confermano i risultati precedenti ottenuti dall’analisi dei dati australiano. Essi si aggiungono così ad un crescente corpus di ricerca, mettendo in evidenza la necessità di affrontare gli aspetti psicosociali dell’ambiente di lavoro come parte fondamentale dei piani dei governi nazionali per ridurre le malattie mentali nella popolazione. Gli sforzi politici per migliorare la salute mentale devono assolutamente considerare la qualità psicosociale del lavoro, oltre che le misure necessarie ad aumentare il tasso di occupazione“.
Roberta Ragni