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Tubercolosi: in Europa è emergenza ed è più difficile da curare

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In Europa è emergenza Tbc. Se si pensa, infatti, che le malattie infettive siano difficili da curare solamente in quei paesi in via di sviluppo dove sussistono condizioni di vita precaria, si sta sbagliando di grosso.

Il Vecchio continente è l’area mondiale dove si trova la tubercolosi più coriacea da trattare.

A rivelarlo è l’European centre for disease, prevention and control (Ecdc) e l’Organizzazione mondiale della Sanità, in occasione della Giornata mondiale per la lotta alla tubercolosi che si celebrerà domani 24 marzo. Manifestazione che vedrà protagonisti gli allarmanti dati del report “Tubercolosis surveillance in Europe 2009“, riguardanti la diffusione della tubercolsi multi-resistente in Europa e sulla Tbc nei bambini.

La prima fa registrare nei Paesi Ue i più alti tassi di incidenza nel mondo e il più basso tasso di successo nella cura; la seconda invece – come riferisce l’Istituto Superiore di Sanità – ha fatto rilevare circa 40 mila casi negli ultimi 10 anni, 3.300 solo nel 2009.

Seppur in calo dal 2005, con una media regionale di 36,8 casi ogni 100 mila abitanti (dati riferiti al 2009) quindi, la tubercolosi continua a destare preoccupazione, soprattutto nell’est europeo dove i tassi sono 8 volte più alti rispetto al resto d’Europa.

L’Italia, invece, è tra i paesi europei a bassa endemia ma conta ogni anno più di 4 mila nuovi casi; un dato che rivela come l’infezione da bacillo di Koch continui a rappresentare una sfida per la sanità, bisognosa costantemente di specialisti e operatori formati che sappiano attuare strategie di monitoraggio, controllo e prevenzione. Quest’ultima fondamentale soprattutto nel contesto scolastico, perché proprio le scuole sono state negli ultimi anni teatri di focolai: basta pensare che nel 2008 il 5% dei casi registrati hanno riguardato bambini tra 0 e 14 anni di età e il 2,4% bambini sotto i 5 anni.

Proprio per questo l’Istituto Superiore di Sanità reputa fondamentale la formazione specialistica dei medici di base e di famiglia, affinché possano riconoscere sin da subito i sintomi della malattia e attivare il relativo protocollo terapeutico nonché individuare i fattori di rischio che possono riattivare la malattia latente.

Fabrizio Giona

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