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Antibiotici, l’abuso allunga la vita dei batteri

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Avete mai sentito parlare del fenomeno dell’antibiotico-resistenza? Forse non in questi termini, ma si tratta di una problematica che dovremmo conoscere tutti in modo da poterla in qualche modo contenere.

Ma vediamo di capire di cosa stiamo parlando. L’antibiotico-resistenza è la capacità di un batterio di sviluppare una resistenza – appunto – a un farmaco antimicrobico, volgarmente detto antibiotico. Questa situazione può avvenire naturalmente o essere indotta dall’uso inappropriato di questi farmaci. In questo caso viene infatti favorita la mutazione genetica del batterio che a sua volta sviluppa una resistenza al medicinale.

Per farla breve: se facciamo ricorso agli antibiotici anche quando non esiste una reale necessità, invece di ridurre i pericoli legati alla malattia e alla sua possibile diffusione non facciamo altro che favorire il proliferare della cellula batterica. Insomma: cerchiamo di non trattare patologie non gravi, come semplici raffreddori e blande influenze, con farmaci potenti come gli antibiotici. Ricordiamoci inoltre che gli antibiotici vanno assunti solo dietro prescrizione medica e soprattutto che non sono efficaci contro i virus, ma solo contro le infezioni batteriche.

L’Italia è ai primi posti fra i Paesi Europei per consumo eccessivo e inappropriato di antibiotici. A livello ospedaliero, si è registrato un leggero decremento della spesa (‐1,2%), accompagnato da una crescita della prescrizione (+ 14%), a conferma del fatto che i consumi dei farmaci non vengono razionalizzati, ma aumenta il ricorso a quelli generici.

Quanto al tipo di prescrizione, si osserva una marcata differenza fra quella territoriale e quella ospedaliera. Sul territorio penicilline (8,4 DDD), macrolidi, chinoloni, e cefalosporine orali sono gli antibiotici più prescritti. Fra questi si osserva una riduzione della prescrizione per chinoloni, cefalosporine orali e macrolidi (‐1,7%; ‐0,9%; ‐0,3%), mentre aumentano le penicilline (+5,4%). L’associazione amoxicillina+acido clavulanico compare fra i primi 30 principi attivi a più alto consumo e spesa territoriale. A livello ospedaliero, invece, fra gli antibiotici aumenta la prescrizione di chinoloni, penicilline e cefalosporine di II e III generazione; tale aumento si accompagna ad una diminuzione della spesa per la perdita di brevetto della maggior parte dei principi attivi e il conseguente aumento dell’impiego di generici. Aumenta invece sia la prescrizione sia la spesa dei glicopeptidi e degli altri antibiotici, verosimilmente dovuta a teicoplanina, linezolid e daptomicina, principi attivi ad elevato costo. Diminuisce infine la prescrizione di carbapenemi (‐12,9%), aminoglicosidi (‐11,1%) e macrolidi (‐23,4%).

Vale dunque la pena riflettere su questi dati, che non solo ci toccano personalmente, ma rischiano di diventare un vero problema sociale: ogni qual volta assumiamo un antibiotico senza una reale necessità miniamo infatti la possibilità di tutta la collettività di guarire da una particolare tipolgia di infezione batterica.

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