300 mila sono gli italiani affetti da artrite reumatoide (3 su 4 sono donne), che rientra tra le malattie autoimmuni più conosciute, e molte di più sono le barriere che essi si trovano ad affrontare ogni giorno.
“Trovare un paio di scarpe che siano carine e non mi facciano soffrire dopo i primi cinque minuti, ad esempio. O aprire una bottiglia d’acqua da sola” è la dichiarazione di Gabriella Voltan, presidente dell’Associazione Nazionale Malati Reumatici a margine del congresso dell’European league against rheumatism, dove sono stati presentati i dati del Rapporto Sociale sull’Artrite Reumatoide del Censis.
Così, tra gli ostacoli quotidiani individuati dal Censis ci sono le scale, quasi la metà dei malati trova difficoltà a salire pochi piani, mentre su 3 non può aprire un barattolo nuovo. E poi, il 26% non guida e non riesce a servirsi di mezzi pubblici, 1 su 5 non è in grado di allacciarsi le scarpe, senza parlare di farsi una doccia senza aiuto. Ancora, gesti più banali come abbottonarsi una camicia o tenere in mano una penna diventano impossibili per gli affetti da artrite reumatoide e causano, per di più, un loro progressivo allontanamento dalla vita sociale.
“Diagnosticare presto e intervenire subito” ’appello di Carlomaurizio Montecucco, presidente della Società Italiana di Reumatologia, che auspica diagnosi entro tre-quattro mesi dall’esordio dei sintomi (tra i quali, i più classici sono dolore alle articolazioni di notte, rigidità al mattino, tumefazioni articolari), che scongiurerebbero il ricorso a terapie con i biologici.
E proprio sui biologici si apre una polemica. Il tocilizumab, arrivato in Italia 3 mesi fa, è presente nei prontuari di solo 4 regioni (Lombardia, Marche, Campania e Abruzzo). In più, i reumatologi denunciano la scarsità di specialisti, che in alcune regioni causa tempi di attesa biblici. “Dobbiamo riuscire a garantire su tutto il territorio italiano omogeneità di accesso alla diagnosi e alla cura”, conclude Montecucco.
Germana Carillo