Fumo e tè, nemici giurati delle malattie reumatiche. La notizia arriva direttamente dal Congresso annuale della Lega europea contro le malattie reumatiche (Eular), in corso a Roma fino a sabato e per la prima volta in Italia.
Come sappiamo, il fumo è fonte di molti guai. Non solo per le malattie broncopolmonari, ma anche per i disturbi cardiovascolari, per il tumore del cavo orale, dell’esofago e della prostata, e infine costituisce fattore di rischio per le malattie renali.
Ma oggi alle “controindicazioni” legate alla sigaretta, se ne aggiunge un’altra, fino ad ora non contemplata. Il fumo infatti, stando agli studi illustrati al Congresso Eular, è un fattore di rischio per lo sviluppo dell’artrite reumatoide. Interverrebbe infatti a livello genetico, favorendo le condizioni per la comparsa della malattia. Gli studi, che hanno portato ad affermare quanto abbiamo appena detto, sono due realizzati dalla Lund University, in Svezia, che hanno dimostrato il fatto che il fumo sia in primo luogo un fattore di rischio, e in secondo luogo provochi una scarsa risposta, in caso di malattia, ai farmaci anti-Tnf, utilizzati per ridurre l’infiammazione presente nelle articolazioni. A ciò si aggiunga la conferma inviata da un terzo studio realizzato in Svizzera dall’Università di Zurigo.
Ma il fumo non è il solo a salire sul banco degli imputati. A fargli da spalla ci sarebbe anche il tè, che secondo uno studio della Georgetown University, negli Stati Uniti ha mostrato una connessione tra artrite reumatoide e consumo di tè. Il test, svolto su oltre 76 mila donne, ha cercato di dimostrare, riuscendoci, un aumento del rischio di contrarre la malattie proporzionale alla quantità di tè assunto. Bene per il caffè, che almeno in questo settore non sembra incidere.
Dalla prospettiva opposta, uno studio realizzato in Olanda dall’Università di Leida su un vasto campione comprensivo di 651 pazienti con artrite reumatoide, 73 con osteoartrite, 273 con altre forme artritiche e 5.877 non malati, ha dimostrato che al consumo moderato di alcool consegue una sostanziale riduzione del rischio di sviluppare la malattia.
Maurizio Cutolo, presidente esecutivo di Eular 2010 e direttore della Clinica di reumatologia dell’Università di Genova ha spiegato: “Gli studi presentati in questi giorni al congresso confermano come alcuni stili di vita possano avere un impatto sul rischio e la progressione delle malattie reumatiche, ma vanno interpretati con estrema cautela e ragionevolezza“.
E aggiunge: “I pazienti con disturbi reumatici, così come le altre persone, devono sempre consultare il proprio medico prima di modificare in qualsiasi modo il proprio regime alimentare“.
Francesca Mancuso