Scoprire cosa dà origine all’autismo. È questo l’obiettivo che gli studiosi dell’Autism Genome Project si sono prefissati. E abbiamo già buoni risultati.
Secondo quanto affermano gli studiosi del progetto, coordinato da Stephen Scherer, la malattia non è ereditaria, ma le mutazioni avvengono al momento del concepimento. Ma c’è di più. I ricercatori hanno infatti rintracciato un nuovo gruppo di geni che si sviluppa proprio al momento della formazione dell’embrione.
Si tratta dello studio genetico più ampio sulla patologia, pubblicato per intero su Nature. Vi hanno aderito ben 60 centri di 12 Paesi diversi. Dopo aver analizzato il DNA di circa mille bambini e 1.200 persone sane, con un particolare metodo di indagine in grado di rintracciare anomalie in un gran numero di geni contemporaneamente (fino a 300), è emerso che i geni coinvolti nello sviluppo della malattia sono molto più numerosi rispetto agli 8 già noti al mondo scientifico.
Le varianti individuate dagli studiosi sono rare, ma erano presenti nel 20% dei soggetti autistici e solo nell’1% dei soggetti sani. Da qui la tesi di una probabile connessione con la malattia.
Ma c’è anche una seconda scoperta emersa dagli studi del consorzio internazionale di ricerca, che prevede nel giro di due anni di mappare con precisione tutti i geni dell’autismo: la malattia non è ereditaria.
Daniel Geschwind dell’Università della California spiega:
“Questo suggerisce che piccoli errori genetici possano avvenire durante la formazione degli ovuli e degli spermatozoi, e che queste alterazioni vengano mantenute nel DNA del figlio. Qualcosa di simile a quello che accade con la sindrome di Down”.
Cosa fare?
Dallo studio si evince che ogni paziente è diverso dagli altri per profilo genetico.
Spiega Stanley Nelson, uno dei genetisti del progetto:
“Ogni bambino ha una diversa alterazione in geni diversi. Solo quando siamo andati a guardare la funzione di questi geni ci siamo accorti che possono essere suddivisi in “categorie” e che molti sembrano coinvolti in altre forme di deficit intellettivi”.
Il primo obiettivo degli studiosi è mettere a punto un test diagnostico e poi studiare nuove terapie alla luce delle recenti scoperte.