Dai semi di piante di girasole modificate geneticamente nasce una bio-insulina per il trattamento del diabete. Secondo Rosella Franconi, biotecnologa dell’Enea e autrice del libro “Perché gli Ogm“, il nuovo bio-farmaco potrebbe essere presto disponibile sugli scaffali delle nostre farmacie.
Si tratta di ”un biosimilare dell’insulina da semi di girasole“, spiega la biotecnologa, nato dall’applicazione delle tecnologie del DNA ricombinante nel settore farmacologico (l’azienda è la SemBioSys genetics Inc. del Canada). Una svolta in cui il nostro Paese dovrebbe entrare ”sforzandosi” di cambiare sistema di ricerca. Almeno secondo quanto sostenuto dai 12 tra i maggiori scienziati, ricercatori, economisti e teologi italiani, che nel libro della Franconi spiegano perché è necessario l’uso degli Organismi geneticamente modificati.
Nel mondo ogni anno aumenta la superficie coltivata con Ogm e quest’anno ha raggiunto i 150 milioni di ettari e sono proprio gli Ogm a dare ai Paesi in via di sviluppo come Cina, India, Brasile una crescita economica del Pil che sfiora oramai il 10% e questo perché gli Ogm non sono solo agricoltura ma anche farmaci innovativi, industria e soprattutto ricerca scientifica e innovazione.
Così, la raccolta di saggi curata da Elio Cadelo mette in evidenza i benefici che potrebbero apportare all’economia italiana se gli Ogm venissero utilizzati, descrivendo i farmaci che si stanno creando in laboratorio e analizzando i falsi miti del “naturale” e del Biologico.
Oltre all’insulina da girasole, nel volume Franconi si parla anche, per esempio, delle virtù della carota Ogm per il trattamento della malattia di Gaucher, della lemna per il trattamento dell’epatite C (tutti prossimi alla commercializzazione) o, in uso veterinario, del vaccino contro la malattia di Newcastle dei polli ottenuto dal tabacco Ogm. E allora anche per il ministro Corrado Clini (all’epoca direttore generale al dicastero dell’Ambiente) gli Ogm rappresentano “uno strumento importante per affrontare le sfide” del Pianeta, tra cui la ”sicurezza alimentare, la lotta alla desertificazione, la produzione di biocombustibili, la protezione della salute per farmaci e vaccini, l’arricchimento di prodotti agricoli con elementi naturali a forte valore nutritivo”, si legge nel libro.
Ma è davvero così? Non per Carlo Petrini di Slow Food, che in un elenco semplice, schematico e diretto spiega in parole povere le ragioni di chi dice “no” agli Ogm.
1. Contaminazione
Coltivare Ogm in sicurezza, in Italia, è impossibile; le aziende sono di piccole dimensioni e non ci sono barriere naturali sufficienti a proteggere le coltivazioni biologiche e convenzionali. L’agricoltura fa parte di un sistema vivente che comprende la fauna selvatica, il ciclo dell’acqua, il vento e le reazioni dei microrganismi del terreno: una produzione Gm non potrà restare confinata nella superficie del campo in cui viene coltivata.
2. Sovranità alimentare
Come potrebbero gli agricoltori biologici, biodinamici e convenzionali essere sicuri che i loro prodotti non siano contaminati? Una diffusione, anche limitata, delle coltivazioni Ogm in campo aperto, cambierebbe per sempre la qualità e la situazione attuale della nostra agricoltura, annullando la nostra libertà di scegliere quel che mangiamo.
3. Salute
Ci possono essere problemi di salute per animali alimentati a Ogm.
4. Libertà
Le coltivazioni Ogm snaturano il ruolo dell’agricoltore che da sempre migliora e seleziona le proprie sementi. Con le sementi Gm, invece, la multinazionale è la titolare del seme: ad essa l’agricoltore deve rivolgersi ad ogni nuova semina (poiché, come tutti gli ibridi, in seconda generazione gli Ogm non danno buoni risultati) ed è proibito tentare miglioramenti se non si pagano costose royalties.
5. Economia e cultura
I prodotti Gm non hanno legami storici o culturali con un territorio. L’Italia basa buona parte della sua economia agroalimentare sull’identità e sulla varietà dei prodotti locali: introdurre prodotti senza storia indebolirebbe un sistema che ha anche un importante indotto turistico.
6. Biodiversità
Le colture Gm impoveriscono la biodiversità perché hanno bisogno di grandi superfici e di un sistema monocolturale intensivo. Se si coltiva un solo tipo di mais, si avrà una riduzione anche dei sapori e dei saperi.
7. Ecocompatibilità
Le ricerche su Ogm indicano due “vantaggi”: la resistenza ad un parassita del mais (la piralide) e a un diserbante (il glifosate). Quindi, essi consentirebbero un minore impiego di chimica di sintesi; ma la piralide del mais può essere combattuta seriamente solo con la rotazione colturale, e la resistenza a un diserbante porta ad un uso più disinvolto del medesimo nei campi, dato che non danneggia le piante coltivate ma solo le erbe indesiderate.
8. Precauzione
A circa trent’anni dall’inizio dello studio sugli Ogm, i risultati in ambito agroalimentare riguardano solo 3 prodotti (mais, colza e soia). Le piante infatti mal sopportano le modificazioni genetiche e questa scienza è ancora rudimentale e in parte affidata al caso. Vorremmo ci si attenesse ad atteggiamenti di cautela e precauzione, come hanno fatto Germania e Francia, che hanno vietato alcune coltivazioni di Ogm.
9. Progresso
Gli Ogm sono figli di un modo miope e superficiale di intendere il progresso. È sempre più chiaro per consumatori, governi e ricercatori, il ruolo dell’agricoltura di piccola scala nella protezione dei territori, nella difesa del paesaggio e nel contrasto al riscaldamento globale. Invece di seguire le sirene dei mercati, la ricerca dovrebbe affiancare l’agricoltura sostenibile e mettersi a disposizione delle sue esigenze.
10. Fame
I relatori Onu dicono che l’agricoltura familiare difende le fasce di popolazione a rischio di malnutrizione. Le multinazionali invece promettono che gli Ogm salveranno il mondo dalla fame: eppure da quando è iniziata la commercializzazione (circa 15 anni fa) il numero degli affamati non ha fatto che crescere, proprio come i fatturati delle aziende che li producono. In paesi come l’Argentina o il Brasile la soia Gm ha spazzato via produzioni come patate, mais, grano e miglio su cui si basa l’alimentazione.
Roberta Ragni