Una nuova possibile cura per il cancro ha al proprio centro lo studio del funzionamento del virus del raffreddore rispetto alle cellule tumorali. Approfondire lo studio di tale virus potrebbe permettere agli scienziati di replicarlo in laboratorio in modo che possa essere utilizzato per distruggere le cellule cancerogene già presenti nell’organismo dei pazienti affetti da tumore.
La scoperta relativa al virus del comune raffreddore è da attribuire ad un gruppo di ricercatori del Salk Institute for Biological Studies, in California. Il virus in questione viene denominato adenovirus e le sue proprietà potrebbero essere replicate dagli scienziati per realizzare una nuova terapia adatta a sconfiggere i tumori.
Quali sono le caratteristiche che rendono il virus del raffreddore adatto ad una simile applicazione? L’adenovirus si è rivelato in grado di impossessarsi del meccanismo molecolare di una cellula, con riferimento anche ai sistemi che regolano la crescita e la soppressione delle cellule tumorali.
Secondo quanto rilevato dagli esperti, l’adenovirus è in grado di codificare la proteina cancerogena E4-ORF3. Si tratta di una proteina considerata in grado di bloccare l’azione di un’altra proteina, denominata p53, importantissima per la sconfitta dei tumori, in quanto essa svolge un’azione di soppressione degli stessi.
Per questo motivo, la proteina p53 è nota anche con il nome di “guardiano del genoma”, in quanto è in grado di provocare l’autodistruzione di quelle cellule che presentano danni a livello del DNA (trattasi di cellule cancerogene). La proteina soppressore p53 risulta spesso inattiva nei pazienti affetti da patologie tumorali.
In assenza di proteina p53 attiva, gli scienziati ipotizzano di poter intervenire sviluppando a partire dall’adenovirus delle molecole in grado di sconfiggere le cellule tumorali che non possono essere contrastate dalla proteina p53. Una volta annientate, le cellule tumorali sarebbero in grado di rilasciare nuove copie del virus, che potrebbero continuare ad agire contrastando le cellule cancerogene già presenti.
Marta Albè