Il tumore ovarico ha anche un altro nome. Lo chiamano ‘killer silente‘ perché la diagnosi arriva troppo spesso tardi, quando l’unica speranza è almeno sopravvivere un paio di anni. Non è un’esagerazione, sono i numeri a parlare: 200.000 nuovi casi ogni anno, dei quali circa 4000 solo in Italia.
Spesso si arriva alla diagnosi per l’addome gonfio e il poco appetito: un’ecografia trans-vaginale, il dosaggio del marcatore Ca 125, il viso scuro dello specialista, e la notizia: si tratta di cancro ovarico. Anche solo al secondo stadio, questo tumore è già molto aggressivo. Le prospettive, il futuro delle donne a cui è stata diagnosticata questa malattia, diventano un quid: inizia la chemioterapia, la necessaria chirurgia e la speranza di farcela.
Oggi quella speranza può contare su una nuova scoperta scientifica. Si tratta di un risultato tutto italiano che forse potrà davvero fare molto contro questa malattia: sono il Gruppo di Genetica Umana dell’Università dell’Insubria che per due anni ha monitorato il gene RNASET2 sospettato – ma adesso è una certezza – d’avere un ruolo decisivo nello sviluppo del cancro ovarico.
In termini molto semplici, lo studio è consistito in due fasi. Nella prima, questo gene è stato trasferito all’interno di cellule tumorali ovariche: il risultato è stato che esso aveva un forte ruolo inibitore nella crescita e nella duplicazione di esse.
Detto in termini davvero semplicissimi: era il baluardo che difendeva l’integrità della cellula, nonostante essa fosse già pienamente maligna. Nella seconda fase dello studio- che a questo punto era decisiva- si è provato a togliere questo gene da una cellula ovarica sana. Ebbene, le cellule sviluppavano più facilmente tendenza alla malignità. Una scoperta dal punto di vista della base biologica di questo tumore molto importante: si pensava, infatti, che il cancro ovarico potesse derivare anche da una modificazione genetica ma non c’erano studi approfonditi sulla questione.
Un’altra importantissima scoperta è stata fatta poi in questo studio e non riguarda solo il tumore ovarico. È stato dimostrato che un certo numero di persone in media si ammala di tumore. Sono state cercate a fondo le cause, gli effetti dell’ambiente circostante, il ruolo delle cattive abitudini come il fumo. Eppure si è indagato poco all’inverso cioè sostanzialmente chiedendosi perché certi individui, pur nella stessa situazione ambientale di altri, non si ammalano e sono resistenti.
Gli studiosi dell’Insubria hanno studiato a fondo il gene RNASET2 scoprendo che esso ha un ruolo fondamentale anche nel ‘dialogo’ molecolare e che addirittura è capace di intrattenere contatti con altre molecole e presiedere ai processi cellulari. Non solo: il gene sarebbe decisivo anche nei contatti di cellule di specie diversa e, al primo ‘vento di malignità’, sarebbe proprio lui a chiamare i macrofagi, ossia le cellule immunologiche che impediscono la crescita delle maligne, in sostanza, mangiandole. Ecco perché in alcuni individui il buon funzionamento di questo gene rappresenterebbe una protezione indispensabile e forte contro i tumori.
Ma quando questo gene manca – l’esperimento lo ha dimostrato – il sistema immunitario è compromesso. RNASET2, quindi, potrebbe essere sperimentato nella cura del tumore ovarico ma anche per altri tipi di neoplasie. Questo potrebbe concretizzarsi in interventi terapeutici molto più naturali, con l’attivazione di difese interne.
Un’importante scoperta che darebbe nuove speranze per quello che è uno dei tumori più ‘oscuri’ e complessi che la medicina conosca. Anche per questo tumore la prevenzione è fondamentale e non si diagnostica con un pap-test.
Sulle nostre pagine trovate tutte le informazioni per prevenirlo, scoprirlo in tempo, essere informate. Anche questo ‘mostro’ può essere combattuto e reso quasi inoffensivo, così come il cancro al seno.