Le caraffe filtranti, che pian piano stanno entrando nelle nostre case per depurare l’acqua del rubinetto ed eliminare così l’acquisto delle minerali, non sarebbero poi così efficaci e anzi, in certi casi, addirittura dannose.
È quanto emerso da un’analisi condotta dall’Università di Torino in seguito ad un esposto in procura presentato dal presidente di Mineracqua (la federazione delle industrie delle acque minerali), che accusava tre aziende produttrici di questi dispositivi filtranti, Brita, Auchan e Viviverde, di rendere l’acqua addirittura non potabile.
E proprio le analisi pare confermino i dubbi, dimostrando che l’azione svolta dalle caraffe filtranti non migliora l’acqua del rubinetto, rendendola anzi rischiosa per le persone affette da patologie come diabete, ipertensione o cardiopatie. Il problema starebbe nel fatto che molte sostanze vengono trattenute dal filtro, che ne immette però altre che potrebbero essere pericolose per certe tipologie di consumatori: al posto di calcio e magnesio, ad esempio, vengono introdotti nell’acqua sodio e potassio, in quantità che superano i limiti e che possono essere dannosi per chi deve mantenere una dieta povera di queste sostanze come, appunto, i cardiopatici e gli ipertesi.
Compaiono inoltre, dopo il filtraggio, sostanze prima non presenti, come ammonio o argento e l’acqua risulta avere anche un ph più basso e acido di quello originario, aggirandosi su valori tra i 6 e i 5,92 (per legge il ph dell’acqua potabile dovrebbe essere compreso tra 6,5 e 9,5).
Il fattore che determina questi cambiamenti è la durezza dell’acqua, avvertimento che viene spesso inserito nelle istruzioni dalle aziende produttrici, consigliando di non usare la caraffa con acque che hanno durezza inferiore ai 19 gradi francesi, perché si perdono i sali minerali.
Le promesse di eliminare calcare, cloro e sostanze nocive e rendere migliore la qualità dell’acqua del rubinetto, verrebbero quindi in realtà disattese. Per ora non ci sono indagati, ma il procuratore ha subito trasmesso i risultati al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore di Sanità, mentre l’inchiesta aperta un paio di mesi fa ipotizza i reati di commercio di sostanze alimentari nocive per la salute e frode.
L’azienda tedesca Brita, che da 45 anni ha venduto circa 300 milioni di caraffe nel mondo, non ha tardato a replicare: “Abbiamo le certificazioni di due ministeri della salute (tedesco e austriaco). Non dichiariamo che l’acqua è pura, ma che è filtrata, perché trattiene alcune sostanze e ne rilascia altre consentite dalla legge sulle bevande. Sulle avvertenze scriviamo quale acqua usare, e di consultare il medico se si hanno problemi di salute“.
Non ci resta che attendere gli sviluppi della vicenda, ma nel frattempo forse è meglio affidarci al rubinetto, le cui acque sono di sicuro più controllate.
Eleonora Cresci