Fryderyk Franciszek Chopin, noto compositore, era epilettico. A scoprirlo sarebbero stati due ricercatori spagnoli Manuel Vázquez Caruncho e Franciso Brañas Fernández del Complexo Hospitalario Xeral-Calde a Lugo.
Secondo gli studiosi le allucinazioni lamentate dal musicista durante la sua breve vita altro non erano che le conseguenze legate alla sua malattia, l’epilessia del lobo temporale, confermata anche da altri sintomi, spesso associati erroneamente a problematiche psicologiche.
Chopin, infatti, era famoso per la fragilità e la sensibilità, per i repentini cambi d’umore e gli attacchi di malinconia, tutti ricondotti al disturbo bipolare o alla depressione clinica. In realtà, oggi si può ipotizzare con più precisione che alla base di tali sintomi vi fossero dei disturbi convulsivi e, di conseguenza, le allucinazioni, spesso trascurate dagli studiosi che si erano occupati del suo caso. Ma Chopin era un uomo fragile e morì a soli 39 anni, nel 1849, a causa di una fibrosi cistica.
È lo stesso compositore a raccontare le sue allucinazioni, ad esempio in una lettera scritta alla figlia di George Sand, nel settembre dello stesso anno, dove descrive il momento in cui, durante un’esecuzione, vede strane creature venire fuori dal suo pianoforte. Anche George Sand ha ricordato nelle sue memorie un viaggio in Spagna insieme a Chopin nel 1838, quando in un monastero Chopin rimase come “pieno di terrori e fantasmi“.
Secondo gli autori, a quei tempi e senza l’aiuto delle prove di oggi, non sarebbe stato facile diagnosticare con esattezza la malattia che affliggeva Chopin: “Una condizione come quella descritta in questo articolo – sostengono i due studiosi – avrebbe potuto essere facilmente trascurata dai medici di Chopin. Abbiamo dubbi che un’altra diagnosi aggiunta alla lista già numerosa ci aiuterà a comprendere il mondo artistico di Frédéric Chopin. Ma noi crediamo che sapere che aveva questa malattia potrebbe aiutare a separare la leggenda romanzata dalla realtà e gettare una nuova luce al fine di comprendere meglio l’uomo e la sua vita“.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Medical Humanities.
Francesca Mancuso