Combattere la degenerazione muscolare della distrofia muscolare è difficile. Ma una coppia di farmaci, una combinazione tra un antinfiammatorio non steroideo e un farmaco della famiglia dei nitrati, sembra aver dato davvero ottimi risultati.
Lo rivela uno studio, pubblicato su Pharmacological Research e condotto dall’Irccs Medea La Nostra Famiglia in collaborazione con l’Università di Milano su 35 pazienti adulti trattati con questa terapia, di cui, in questa fase, si sta valutando la tollerabilità per l’organismo.
Fino ad oggi, l’unica terapia farmacologica impiegata nelle distrofie muscolari, e nemmeno in tutte, si è basata solo sui corticosteroidi, che sono in grado di controllare l’infiammazione muscolare, ma presentano effetti collaterali anche importanti.
L’obiettivo di questo nuovo approccio, invece, è trovare una via farmacologica più tollerabile dall’organismo, che possa sostituirsi o limitare l’utilizzo dei farmaci corticosteroidei e che giunga ad un efficace rallentamento della degenerazione muscolare.
I ricercatori hanno reclutato 71 pazienti adulti affetti da distrofia muscolare di Duchenne, distrofia di Becker e distrofia dei cingoli. 35 di loro sono stati trattati con la combinazione di ibuprofene ed isosorbide dinitrato, per un periodo di 12 mesi, mentre 36 non sono stati trattati. Controlli clinici seriati (esami ematochimici, valutazione funzionale neuromuscolare, valutazione della funzionalità cardiaca e respiratoria) hanno dimostrato una buona tollerabilità a lungo termine della terapia, con effetti collaterali transitori e non severi, come mal di testa o ipotensione arteriosa.
“È ancora presto per dire se questo approccio sarà altrettanto efficace nell’uomo come lo è stato nell’animale – spiega Emilio Clementi, ordinario in Farmacologia dell’Università di Milano a capo dello studio – tuttavia i dati di sicurezza e tollerabilità in uomo sono già una solida base da cui partire“.
Soprattutto se si considera che la Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD) è una malattia rara che colpisce 1 su 3.500 maschi nati vivi.
Si stima che in Italia ci siano 5mila persone affette dalla patologia e per lo più si tratta di bambini. La Distrofia Muscolare di Becker (DMB), invece, colpisce da 3 a 6 soggetti maschi su 100.000. Quest’ultima è una forma meno comune e molto meno grave rispetto alla Duchenne. A differenza dei pazienti affetti dalla DMD, costretti sulla sedia a rotelle già prima degli 11 anni, quelli affetti dalla distrofia di Becker sono, a questa età, ancora in grado di camminare. Nella maggior parte dei casi, infatti, l’età di esordio è compresa tra i 5 e i 25 anni. E la scienza può fare molto per loro.
Roberta Ragni