Endometriosi: un nome quasi sconosciuto, per una malattia altrettanto poco nota ai più. Cerchiamo allora di comprendere i tratti caratterizzanti, i sintomi, le cause e le possibilità di cura per questa patologia che affligge circa il 10-17% delle donne in età fertile.
L’endometriosi prende il nome dall’endometrio, il tessuto che riveste la superficie interna dell’utero e che, ogni mese, durante il ciclo mestruale, va incontro a sfaldamento e successivo sanguinamento. Nelle donne affette da endometriosi, tessuto simile a quello endometriale si trova in sede “ectopica“, cioè diversa da quella naturale: può essere presente in ovaie, tube, utero, reni, vescica, retto, ureteri, genitali esterni, ma anche a livello di ombelico, arti, polmoni e in qualunque organo del corpo.
Il tessuto endometriale, in qualsiasi parte si trovi, va incontro agli stessi processi che segue in sede propria, e cioè nell’utero. Vale a dire che, ciclicamente si sviluppa, si sfalda ed infine sanguina, proprio come accade nel ciclo mestruale. Non esistendo però una naturale via di uscita per questo sangue, esso diventa fonte di irritazione, produce reazioni infiammatorie e determina formazione di tessuto cicatriziale e di aderenze che irrigidiscono gli organi su cui si formano ostacolandone la funzionalità.
Indice
I sintomi
Nel 20-25% dei casi l’endometriosi non dà luogo ad alcun sintomo. Nel 75-80% dei casi, invece, secondo quanto documentato dall’Associazione Italiana Endometriosi i sintomi sono i seguenti:
- Dolore pelvico cronico
- Dolore durante e dopo le mestruazioni (dismenorrea)
- Dolore periovulatorio (a metà ciclo)
- Dolore durante e dopo i rapporti sessuali (dispareunia)
- Dolore alla defecazione soprattutto in corrispondenza del ciclo
- Dolore alla minzione soprattutto in corrispondenza del ciclo
- Dolore nella regione lombare e/o lungo l’arto inferiore
- Cefalea
- Sangue nelle feci (proctorragia)
- Sangue nelle urine (ematuria)
- Diarrea e/o stitichezza
- Gonfiore addominale
- Affaticamento cronico
- Febbricola
- Spotting intermestruali
- Scarsa resistenza alle infezioni
- Allergie diffuse e problemi correlati
- Disordini autoimmunitari
La diagnosi di endometriosi, purtroppo, è ancora molto difficile. È stato calcolato che in media occorrono 7 anni e le visite di diversi ginecologi perché ad una donna venga diagnosticato di soffrire di endometriosi.
Perché è così complesso riconoscere questa patologia?
Perché ancora non sufficientemente nota e perché troppo spesso i sintomi vengono confusi con quelli di disturbi del ciclo mestruale, o di problemi gastrointestinali. Vi sono alcuni esami che possono aiutare nella diagnosi della malattia tra cui la visita ginecologica con esplorazione rettale, la risonanza magnetica nucleare, la radiografia, la retto colonscopia, l’urografia, l’ecografia pelvica trans vaginale e le analisi del sangue specifiche, con ricerca dei marcatori ematici della malattia (CA-125 e CA-19.9).
Le cause
Pur essendo stata individuata per la prima volta nel 1960, non vi è ancora chiarezza circa le cause che possano determinare l’insorgenza dell’endometriosi. L’origine della patologia può essere comunque definita multifattoriale, il che significa che può essere ricercata in una concorrenza di diverse cause, tra cui anche fattori genetici ed ambientali.
L’ipotesi più accreditata è quella della mestruazione retrograda: secondo questa teoria, durante la mestruazione, piccole parti di tessuto endometriale si muoverebbero in senso inverso nelle tube per poi impiantarsi nell’addome o comunque al di fuori della cavità uterina. Secondo alcuni esperti, la mestruazione retrograda sarebbe moderatamente presente in tutte le donne, ma soltanto in alcune di esse, per difetti immunitari, ormonali o per cause legate all’ambiente, il tessuto endometriale riuscirebbe a crescere e a radicarsi.
Terapie
Come vi è incertezza sulle cause, allo stesso modo purtroppo non esiste ancora una terapia risolutiva contro l’endometriosi. In base all’età della donna, all’intensità del dolore, che può variare da lieve a del tutto insopportabile, alla gravità delle lesioni, si possono adottare diverse strategie.
Antinfiammatori
Il livello base è rappresentato dalla somministrazione di antinfiammatori non steroidei (FANS), ai quali talvolta, a causa della forte intensità del dolore che tende a diventare farmaco-resistente, deve essere sostituita una terapia a base di narcotici, che si svolge sotto stretta osservanza medica.
Terapia di tipo ormonale
Vi è poi una terapia di tipo ormonale, nella quale si usano composti estro progestinici (farmaci a base di estrogeni e progesterone, due ormoni femminili) come la pillola anticoncezionale somministrata per lunghi periodi. Inoltre si usano farmaci a contenuto solo progestinico che inducono uno stato di pseudogravidanza. Per terapie di minor durata sono in uso analoghi degli ormoni ipotalamici che inducono uno stato di pseudo menopausa, con riduzione della presenza degli estrogeni per arrestare lo sviluppo dell’endometriosi.
Intervento chirurgico
In taluni casi si ricorre all’intervento chirurgico che può svolgersi attraverso laparoscopia o laparotomia. La prima è molto meno invasiva e viene utilizzata anche a scopo diagnostico per esplorare la cavità addominale attraverso piccoli buchi praticati sull’addome, alla ricerca di eventuali. Quando se ne trovano di ben visibili, si procede all’eliminazione delle stesse e al prelievo di materiale per la biopsia. La laparotomia è invece un tipo di intervento più invasivo, che prevede un taglio all’altezza del pube. Più rara, viene riservata ai casi in cui le lesioni sono particolarmente estese.
Alimentazione
Numerosi medici attribuiscono un ruolo molto importante all’alimentazione nella prevenzione dell’endometriosi. Sembra infatti che il consumo eccessivo di carne rossa porti le donne ad un aumento dell’80-100% del rischio di venire colpite dalla malattia, mentre al contrario una dieta ricca frutta e verdura possa ridurlo di circa il 40%. Sostanze in grado di aumentare notevolmente il rischio sono pesticidi agricoli, omoni somministrati agli animali di allevamento e l’eccesso nel consumo di zuccheri semplici.
Si tratta di una patologia sulla quale c’è ancora molto da studiare ed approfondire, per poter offrire alle donne colpite un supporto adeguato. Al momento non possiamo quindi che ricordare una raccomandazione comunque sempre valida: non trascuriamo l’abitudine a controlli periodici di carattere generico o mirato, nel caso in cui ve ne fosse necessità. La prima attenzione verso noi stesse deve partire proprio da noi.