Freddo contro la fibrosi cistica: così Luis Galietta, ricercatore dell’Istituto Gaslini di Genova, lancia dalle pagine dell’American Journal of Physiology la cura contro una delle malattie genetiche più diffuse.
Di fibrosi cistica è affetto un neonato ogni 2500-2700 e la malattia è dovuta a un’anomalia della proteina CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator) che causa soprattutto un eccesso di secrezioni corporee definite “disidratate” (il sudore è ricco di sodio e cloro e il muco è denso e vischioso) e che danneggiano progressivamente organi come fegato, pancreas e polmoni.
Attualmente si possono contare più di 1.500 “errori” nel DNA che possono provocare la malattia e quello più frequente, presente nei 50-70% dei pazienti, si chiama deltaF508 e, spiega Galietta, “provoca un assemblamento scorretto di CFTR, che la rende velocemente eliminabile da parte della cellula”. È così che gli studiosi si sono soffermati sul modo per “far ‘sfuggire’ la proteina alterata ai sistemi cellulari di degradazione e di preservarne così, almeno in parte, la funzione”, continua Galietta, e hanno testato tutte le molecole in grado di produrre questo effetto.
In pratica, in laboratorio i ricercatori hanno verificato che basta la bassa temperatura (27 gradi) per ripristinare l’attività di CFTR in cellule prelevate da pazienti con fibrosi cistica che hanno la mutazione deltaF508. Il freddo, inoltre, lascerebbe anche una sorta di “traccia genetica” data la sua influenza sull’attività di particolari geni.
Da qui alla creazione di un nuovo farmaco il passo potrebbe essere breve ma, conclude Galietta, “è importante battere tutte le strade possibili. La malattia è così eterogenea, in termini di difetto genetico e di decorso clinico, che è impensabile pensare a un unico approccio terapeutico valido per tutti: meglio avere più carte da giocare”.
Germana Carillo