La sordità è uno dei disturbi più frequenti quando si è in là con gli anni. Ma ora il gene responsabile dell’insorgere della malattia in vecchiaia è stato individuato.
E i risvolti potrebbero essere davvero importanti. Si chiama FGF20 e la sua rimozione nei topi ha comportato una totale perdita dell’udito. È quanto ha scoperto un gruppo di ricercatori della Washington University School of Medicine in uno studio pubblicato sulla rivista PloS Biology, che apre la strada alla futura realizzazione di un trattamento efficace per prevenire una patologia che colpisce la metà delle persone che hanno superato i 60 anni, che si sentano giovani dentro o no.
“Abbiamo disattivato FGF20 nei topi, notando che erano comunque vivi e sani – spiega uno degli autori, David M. Ornitz, professore di biologia dello sviluppo – ma poi abbiamo capito che non avevano alcuna capacità di sentire“. Insomma, dopo essere stati privati del gene, gli animali apparivano del tutto sani, ma avevano perso l’udito. Questo perché i due terzi delle loro cellule ciliate esterne, che all’interno dell’orecchio svolgono la funzione di amplificare i suoni, erano scomparsi. Il numero di cellule ciliate interne, le cellule responsabili della trasmissione del segnale amplificato al cervello, appariva, invece, del tutto normale.
Gli studiosi hanno disattivato FGF20 rimuovendo una proteina fondamentale per lo sviluppo nel grembo materno. “Questa è la prima volta che viene confermato che le cellule ciliate interne ed esterne sono in grado di svilupparsi in modo indipendente le une dalle altre“, dice il primo autore Sung-Ho. “Ciò è importante perché la maggior parte casi di sordità legati alla vecchiaia è dovuta dovuta proprio alla perdita delle cellule ciliate esterne“, conclude l’autore.
I ricercatori ipotizzano che FGF20, che si trova anche negli esseri umani, potrebbe essere dunque fondamentale per trovare un modo di far crescere nuove cellule ciliate per contrastare la sordità negli anziani. “Gli uccelli e, di fatto, tutti gli altri vertebrati, tranne i mammiferi, hanno la capacità di rigenerare le cellule ciliate – conclude il co-autore Mark E. Warchol, professore di otorinolaringoiatria – e capire come i mammiferi siano diversi dal resto degli animali è un argomento di grande interesse“. Il passo successivo, quindi, sarà, prima di tutto, accertare se anche la sordità dell’uomo è associata a mutazioni dello stesso gene. Passare successivamente alla scoperta di una soluzione per la sordità congenita potrebbe non essere così difficile.
Perché nell’uomo questo gene si trova in una porzione del genoma associata, in alcune famiglie, proprio alla sordità congenita, nella regione genetica conosciuta come Dfnb71. “FGF20 è proprio al centro di questa regione – spiega Ornitz. Basandoci su questo assunto – prosegue – prevediamo che queste famiglie abbiano una mutazione nel gene FGF20. Non è stata ancora trovata, ma un gruppo presso il Baylor College of Medicine si sta occupando del sequenziamento di questa regione del genoma per cercarla“.
Roberta Ragni