In media ha 39 anni chi si sottopone oggi al test per l’Hiv. Troppo tardi per molti, che spesso sottovalutano la prevenzione. Ricordiamo che ogni anno in Italia, il virus dell’Hiv colpisce oltre 3 mila persone, metà delle quali ha un’età compresa tra i 14 e 25 anni. Ma da un’indagine dell’Iss emerge anche che solo il 37% dei test per l’HIV è anonimo, e l’accesso in Italia è a singhiozzo.
Un problema serio, che di anno in anno va ingigantendosi. Pensiamo che dal 1987 al 2007, ossia negli ultimi 20 anni circa, la percentuale di infezioni è passata dal 4 al 32% del 2007. Nonostante le le ultime scoperte sull’enzima integrasi, sul vaccino della Thailandia, i passi da fare riguardano soprattutto la fase della prevenzione.
Come ha spiegato Giovanni Rezza, direttore del Mipi (Dipartimento Malattie infettive, parassitarie e immunomediate):
“Negli anni ’80 l’infezione da Hiv veniva contratta attraverso i viaggi internazionali fatti dai nostri connazionali, mentre oggi con l’aumento dei flussi migratori è aumentato anche il numero degli stranieri sieropositivi nel nostro paese. In particolare delle persone che provengono da paesi con un alta circolazione virale come il Sud America o l’Africa sub-sahariana”.
Il direttore riferisce anche che, fino al 2008, erano circa 150 mila le persone colpite dall’AIDS in Italia. Soltanto nel 2007, i nuovi casi accertati di sieropositività sono stati 4 mila, mentre nel 2008 se ne sono contati 1.400. Ad essere più colpite sono le regioni centro-settentrionali, come Lombardia, Emilia Romagna e Lazio.
Alla base della diffusione del Hiv ci sarebbe un fattore fondamentale, che il dott. Rezza spiega così:
“Oggi non sono più soltanto i tossicodipendenti a contrarre il virus, ma è cambiata la modalità di trasmissione, che nel 74% dei casi è causata da rapporti sessuali sia etero che omosessuali Per questo un accesso tempestivo al test può significare l’ inizio di un efficace percorso terapeutico, che aiuti a limitare la diffusione del virus”.