Secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità i punti nascita presenti nelle strutture ospedaliere devono svolgere almeno 1000 parti all’anno per garantire servizi ottimali. In Italia si è bene al di sotto di tale soglia.
Il 66% dei reparti di ostetricia, infatti, non arriva alle 1000 nascite, ossia il 10,47% dei parti avviene in strutture in cui si registrano meno di 500 parti all’anno.
Lo sottolinea la Commissione d’inchiesta sugli errori sanitari e i disavanzi regionali, presieduta da Leoluca Orlando, collegandosi anche alla questione del ricorso al taglio cesareo – in Italia sopra la soglia del 15% indicata dall’Oms – denunciata ieri dal Ministro Fazio durante l’incontro con le Regioni.
In più, secondo i dati diffusi dalla commissione, la quota per i punti nascita tra 500 e 800 parti è di 14,8% e quella per i punti nascita tra 800 e 1000 parti è del 10%. In media, quindi, più di un parto su 4 avviene in strutture che registrano meno di 1000 parti ogni anno.
Benedetto Fucci, coordinatore dell’indagine avviata dalla Commissione, ha citato il caso della Calabria dove “su 29 punti nascita, ben 15 fanno meno di 500 parti all’anno e questo vuol dire annunciare una tragedia perché non è garantita la presenza degli anestesisti 24 ore su 24, dei laboratori di analisi“.
Tuttavia, precisa Fucci, “la nostra ostetricia è la migliore al mondo e si tratta solo di correggere situazioni“.
Intanto, la Commissione sta inviando questionari alle Procure e agli assessori alla Sanità nell’ambito dell’indagine che dovrebbe concludersi entro la primavera del 2011 con una relazione ad hoc al Parlamento.
Germana Carillo