Le malattie autoimmuni presentano una grande varietà di manifestazioni e più volte abbiamo avuto modo di parlare di una di esse, ampiamente diffusa: l’artrite reumatoide.
In Italia sono circa 300.000 le persone di ogni età affette da questa patologia, che si manifesta come una poliartrite infiammatoria cronica e progressiva a “patogenesi autoimmunitaria a carico delle articolazioni sinoviali“, che si manifesta nella maggior parte delle articolazioni che connettono le ossa degli arti.
La Scuola Superiore di Studi e Perfezionamento Sant’ Anna di Pisa ha condotto uno studio sull’incidenza sociale ed economica dell’artrite reumatoide ed ha stimato che colpisce tra lo 0,3 e 1,0% della popolazione mondiale.
La malattia interessa con maggior frequenza le donne, colpite da tre a quattro volte più degli uomini, promuovendo a diritto l’artrite reumatoide tra le patologie di genere. A caratterizzare questa malattia è dolore, fatica e depressione. Inoltre, l’artrite reumatoide provoca un danno progressivo dell’anatomia articolare causando disabilità, riduzione della qualità e dell’aspettativa di vita.
Possono esserne colpiti soggetti di ogni età, per cui anche persone ancora inserite nel mondo del lavoro ne subiscono ripercussione negative: una tra queste le numerose assenze sul lavoro e, spesso, la perdita dello stesso. Quest’aspetto fa dell’artrite reumatoide una malattia con rilevanti conseguenze anche dal punto di vista dei costi sociali ed economici.
Giuseppe Turchetti, coordinatore dello studio, precisa come “dallo studio emerga con chiarezza come la componente strettamente sanitaria della gestione dell’artrite reumatoide pesi per una percentuale del 21% sul totale dei costi sociali associati alla malattia e come la grande parte dei costi della malattia siano costi diretti non sanitari e i costi indiretti (il rimanente 79%), che gravano principalmente sui pazienti, sulle loro famiglie e sul sistema economico-produttivo. Da tali numeri, e non da loro ‘sottoinsiemi’, si deve partire per definire strategie di gestione della malattia efficaci ed efficienti“.
Ma quali sono i numeri di questa patologia? Ebbene risulterebbe che complessivamente il costo medio annuo per 253.069 pazienti con artrite reumatoide di età maggiore di diciotto anni è di 3.388.593.910 Euro, di cui 2.330.006.283 Euro sono costi diretti costituiti dalla componente sanitaria (per un importo di 698.976.578 Euro) e non sanitaria (per 1.631.029.705 Euro), mentre 1.058.587.627 Euro sono i costi indiretti.
Mentre, il costo sociale medio annuo per ogni paziente malato di artrite reumatoide in Italia è di 13.390 Euro. I costi diretti ammonterebbero a 9.207 Euro (il 69% del totale), ripartiti in costi diretti sanitari per un ammontare di 2.762 Euro, comprensivi di ospedalizzazioni, farmaci tradizionali e biologici, visite, esami diagnostici e terapia riabilitativa (il 21% del totale) e in costi diretti non sanitari per un importo di 6.445 Euro, comprensivi di spese di trasporto, assistenza domestica a pagamento, assistenza informale gratuita prestata da familiari o conoscenti e dispositivi ausiliari domestici (il 48% del totale).
I costi indiretti dovuti alle prestazioni previdenziali erogate, alle perdite di produttività dovute alle assenze dal lavoro del paziente è di 4.183 Euro (il 31% del totale) per un numero medio annuo di sessantacinque giornate di assenza.
Tra i costi diretti sanitari la quota relativa alla voce di spesa dei farmaci ammonterebbe a circa 2.080 Euro per paziente per un valore complessivo di 526.383.520 Euro in Italia.
Considerando il totale dei costi diretti e indiretti emerge che la quota di costo dovuta ai soli farmaci risulta inferiore a quella attribuibile alle perdite di produttività del paziente dovute all’assenteismo lavorativo.
Sembrerebbe dunque leggendo i dati che un più ampio utilizzo dei farmaci biologici se, da un lato, incrementerebbe la dimensione dei costi diretti sanitari, dall’altro potrebbe portare a una contrazione della spesa riguardante i costi diretti non sanitari (come l’assistenza informale) e ai costi indiretti (perdita di produttività e giornate di lavoro). In questo senso è ritenuta emblematica l’esperienza della Francia, in cui i farmaci biologici sono somministrati al 15-20% dei pazienti, contro il 7% dell’Italia.
Ma, aldilà dei costi, bisognerebbe domandarsi cosa sia meglio per il paziente affetto da artrite reumatoide e se un’effettiva maggiore somministrazione di farmaci renderebbe più sopportabile questa gravosa malattia sia a livello personale che sociale.
Manuela Marino