“Il lavoro fa male, lo dicono tutti”, cantava Irene Grandi, non immaginando che questa sua teoria sarebbe addirittura stata avvalorata da un gruppo di ricercatori finlandesi dell’Istituto di Medicina Occupazionale di Helsinki, in Finlandia.
I medici in collaborazione con colleghi dell’University College di Londra hanno analizzato i dati di oltre 7000 volontari, tutti impiegati londinesi, seguendoli per oltre 10 anni per capire se le ore lavorate ogni giorno fossero correlate in qualche modo con il rischio cardiovascolare. Dichiarano gli studiosi «Il 54% dei partecipanti lavorava da sette a otto ore al giorno; per il 10 per cento la giornata lavorativa si prolungava oltre undici ore. Abbiamo seguito questi soggetti in media per oltre dodici anni, registrando 192 eventi cardiovascolari. Quindi, abbiamo valutato se si fossero manifestati soprattutto in chi lavorava di più».
Ebbene, la risposta è sì. Lavorare nove ore comporta un rischio superiore rispetto alla giornata standard di otto ore, lavorare quotidianamente dieci ore aumenta al 45% il rischio di andare incontro a infarti e ictus. Mentre per gli stakanovisti che raggiungono le 11 ore, la probabilità sale al 67%.
Mika Kivimaki dell’University College di Londra coordinatore della ricerca concede «l’incremento di probabilità di eventi non è eccessivo, inoltre non sappiamo se gli straordinari siano soltanto un marcatore di rischio, ad esempio perché si associano ad altri elementi “pericolosi” come uno stile di vita poco sano o, uno stress eccessivo, o siano piuttosto una reale causa di problemi cardiovascolari; tuttavia, in questi tempi di crisi economica e di grosse difficoltà sul lavoro, è importante considerare che esagerare con le ore passate in ufficio, può creare stress e conseguenze negative per la salute del cuore e dei vasi».
Dunque, lavorare qualche ora in più farà anche bene al portafogli (sempre che gli straordinari siano retribuiti!) ma fa sicuramente male al cuore…
Manuela Marino