La cosiddetta Pof – “Prematurian ovarian failur” o impoverimento ovarico precoce – più comunemente conosciuta come menopausa precoce purtroppo non è più una cosa così rara. Ogg, infatti, la Pof riguarda ufficialmente il 4-5% delle donne, ovvero ben 40- 50 su 1000.
Ma che cos’è la menopausa? È “la naturale cessazione della funzione ovarica” che si concretizza con la fine del flusso mestruale, cosa che di per sé, per i dolori e gli scompensi che provocano le mestruazioni, non sarebbe poi così una tragedia!
La fine dell’età fertile normalmente si dà attorno ai 50 anni, ma una ricerca condotta in India dall’Istituto per i cambiamenti sociali ed economici (Isec) di Bangalore su 100 mila donne di età compresa tra i 15 e i 50 anni ha portato alla luce la dura verità: quasi il 4% era entrata in menopausa addirittura già tra i 29 e i 34 anni e l’8% tra i 35 e i 39. Questo vuol dire che, se ci si libera prima dei crampi alla pancia, del mal di testa e della sindrome premestruale, si avranno prima le famose vampate, il gonfiore, ma purtroppo anche conseguenze molto più gravi. La riduzione della produzione di estrogeni e progesterone da parte delle ovaie che non producono più ovuli, infatti, si traduce in aumento delle possibilità di contrarre tutte quelle patologie note come “rischi della post-menopausa” – osteoporosi, malattie cardiache, diabete, ipertensione e cancro al seno. Senza contare le ovvie pieghe psicologiche che la perdita dell’ovulazione in età precoce comporta nelle donne che non hanno ancora avuto figli e che si vedono privare della loro fertilità così presto.
Qualcosa per venire incontro alle esigenze dei tempi moderni che vedono, almeno nei paesi ricchi e industrializzati, sempre più posticipata la data della maternità, potrebbe essere un test ideato dalla ricercatrice Ramezani Tehrani della Shahid Beheshti University of Medical Sciences di Tehran: un semplice esame del sangue per stabilire la concentrazione dell’ormone AMH – l’anti-Mulleriano – che determina lo sviluppo dei follicoli nelle ovaie e la conseguente loro funzionalità. Finché c’è questo ormone ci sono speranze di avere figli: infatti alti livelli di Amh, come 3,8 nanogrammi per millilitro a 25 anni implicano una menopausa nella norma, dopo i 50 anni. Livelli attorno ai 2,4 fanno invece supporre una perdita delle fertilità precoce, verso i 30 anni. Anche se “i risultati della ricerca dovranno essere, comunque, corroborati da studi più ampi”, come confessa la stessa Tehrani, i margini di errore per ora oscillano tra i 4 mesi e i 4 anni e quindi il test potrebbe essere un valido aiuto nella pianificazione dei progetti familiari.
Ma quali sono le cause della Pof che a differenza del passato colpisce uno spicchio non esiguo della popolazione femminile e, cosa più allarmante, prevalentemente che non ha ancora avuto figli? Senza dubbio fattori genetici e anche malattie autoimmuni, chemio e radianti terapie, infezioni e sostanze tossiche, e alcuni non ancora ben identificati fattori scatenanti . Oggi però le cause principali pare siano l’endometriosi che a sua volta pare causata dall’inquinamento.
La prima è una patologia tutta moderna che vede la creazione di cellule della mucosa uterina al di fuori dell’utero – nelle ovaie, nell’intestino e nella vescica, raramente in polmoni o nella pelle – ma che comunque vengono stimolate dagli ormoni, crescendo e sanguinando. Anche qui le cause non sono del tutto note e sicuramente c’entra la genetica, ma la predisposizione sarebbe acuita dalle sostanze inquinanti, in primis la diossina.
Le donne colpite in generale da endometriosi sono circa il 15 %, ma l’incidenza tocca il 30-40% in quelle infertili: un altro studio, stavolta tutto italiano – condotto infatti dalla Fondazione italiana endometriosi (Fie), in collaborazione con l’Istituto dei tumori di Roma e la II Università di Napoli – ha messo in relazione per la prima volta il decadimento ovarico congenito, l’endometriosi e l’incremento della menopausa precoce – 80 per 1000.
Anche lo stress non aiuta di certo: una mamma, casalinga o lavoratrice sempre di corsa e che pare non avere più tempo per niente è di certo stressata! Una lettura in termini “naturalistici” di questo fattore che porta alla perdita prematura della possibilità di diventare mamme, vede la natura adattarsi ai tempi, nei quali non ci sono più le condizioni adatte a procreare: aumento della popolazione, pochi figli, età ritardata della prima gravidanza, malattie infettive e anche scarso nutrimento – sia che si tratti di sottonutrizione in una parte del mondo che malnutrizione nell’altra parte, ossessionata dalle diete e dalla iperattività sportiva.
Tra l’altro anche la soglia dell’andropausa – il corrispettivo maschile della menopausa – sta continuando ad abbassarsi: oggi colpisce gli uomini tra i 40 e i 55 anni, ma non è sempre stato così – poche centinaia di anni fa iniziava sempre dopo i 50. Anche nel caso della perdita della fertilità maschile pare giochino in ruolo determinante i prodotti chimici sparsi nell’aeree: sono agenti patogeni che, come fossero ormoni sintetici – sono chiamati infatti xenoestrogeni – modificano il nostro corpo e la nostre psiche. Sono loro che disturbano il naturale equilibrio ormonale e si traducono nei sintomi anticipati tipici dell’andropausa: problemi della prostata e di urinazione, sbalzi di umore, depressione cronica, impotenza, calo di desiderio sessuale, diminuzione della produzione di sperma, obesità, calo di zuccheri nel sangue e persino diabete. Il livello di questi xenoestrogeni è incrementato dalla vita moderna perché questi sono presenti non solo in pesticidi, erbicidi ed inquinamento, ma anche in bottiglie e contenitori di plastica di cibi e bevande e in carne di animali nutriti con ormoni.
Una possibile soluzione potrebbe essere quella di seguire una dieta biologica, tanto più che è appurato che contro l’inquinamento atmosferico un’alimentazione corretta può essere davvero utile. Il mais in particolare, ricco di flavonidi, sviluppa le difese immunitarie contro le sostanze tossiche –le fumosine – dei funghi ambientali dovuti all’alta umidità e alle contaminazioni atmosferiche. Questo del mais è un valido esempio di nutraceutico, un alimento cioè usato come farmaco:fanno parte di questa categoria i cibi funzionali – che forniscono la calorie utili, i probiotici e gli integratori alimentari.
Infatti i loro principi attivi, di origine vegetale o animale, si sono dimostrati efficaci quanto i farmaci nel trattamento di svariate patologie quali l’ipertensione arteriosa, la depressione, l’Alzheimer e la sindrome metabolica in donne in menopausa.
Quindi, e ancora una volta, se non si vuole far arrabbiare la natura, bisogna cercare di seguire il suo cammino e di farci dare una mano da lei anche laddove ce ne siamo un po’ allontanati per seguire la smania dei tempi che corrono, che, con la fretta che ci impongono, pare ci stiano togliendo perfino la capacità di diventare mamme e papà!
Valentina Nizardo