Tra il 1347 e il 1351 una terribile pandemia falciò la vita di 50 milioni di europei. Si trattava della Morte Nera, la peste, la “madre” di tutte le pestilenze.
Oggi, sette secoli dopo dalla comparsa del flagello che ancora spaventa quanto a potenziale pericolosità, i ricercatori della McMaster University a Hamilton, in Canada, e dell’Università di Tubinga in Germania, sono riusciti a sequenziare l’intero genoma della peste. Lo studio, “A draft genome of Yersinia pestis from victims of the Black Death”, pubblicato su Nature, è il primo in assoluto in cui gli scienziati sono stati in grado di ricostruire il genoma di un agente patogeno antico.
L’impresa è stata possibile grazie a un nuovo approccio metodologico che ha consentito di integrare le lacune e i difetti dei frammenti di antico DNA degradato, prelevato da campioni dalla polpa dentale dei resti di vittime della peste sepolte nelle antiche fosse comuni a East Smithfield, a Londra.
Successivamente i ricercatori hanno confrontato i dati ottenuti con quelli disponibili su altri ceppi moderni e antichi, in modo da calcolare l’età in cui si è sviluppato quel ceppo, scoprendo che si trattava di una pestilenza scoppiata avvenuta fra il XII e il XIII secolo. I ricercatori hanno potuto dimostrare che quella peste era imputabile a una specifica variante del batterio Yersinia pestis, di cui esiste ancor oggi una discendenza diretta che risulta letale per circa 2000 persone ogni anno. E se uno più uno fa due, ne consegue anche che la peste di Giustiniano del VI secolo, che sconvolse l’Impero Romano d’Oriente, non può essere imputata al ceppo che in epoche successive colpì l’Europa.
“Utilizzando la stessa metodologia, ora dovrebbe essere possibile studiare il genoma di tutti i tipi di agenti patogeni storici – ha commentato Johannes Krause, uno dei coordinatori della ricerca – questo ci permetterà di avere una cognizione diretta dell’evoluzione dei patogeni umani e delle pandemie storiche“.
“Abbiamo scoperto che in 660 anni di evoluzione di questo agente patogeno, ci sono stati relativamente pochi cambiamenti nel genoma dell’organismo antico, ma questi cambiamenti, per quanto piccoli, possono aiutarci a chiarire i cambiamenti di virulenza in questo batterio che ha devastato l’Europa“, spiega Hendrik Poinar, coordinatore anch’egli dello studio. “Il prossimo passo è quello di determinare perché era così mortale“.
Roberta Ragni