La teoria Zamboni, secondo la quale esisterebbe una correlazione tra sclerosi multipla e Ccsvi, torna a far discutere.
Durante una tavola rotonda promossa dalla Società Italiana di Neurologia in occasione della XVI edizione della Settimana Mondiale del cervello, si sono infatti analizzati i diversi studi in merito, giungendo alla conclusione della non evidenza scientifica del metodo Zamboni.
Il ruolo della Ccsvi (insufficienza venosa cerebro-spinale cronica) nella formazione della sclerosi multipla è da tempo analizzato dal professor Zamboni, che con diversi studi sostiene che vi sia una stretta correlazione tra le due patologie e, di conseguenza, che si possano curare i sintomi della sclerosi multipla liberando le vene occluse.
Ma, secondo quanto emerso dalla tavola rotonda, i dati dei vari studi non confermerebbero questa teoria: all’Università di Buffalo, ad esempio, i ricercatori avevano riscontrato la presenza di Ccsvi nel 56% dei pazienti con sclerosi multipla, ma anche nel 23% di quelli sani.
Allo stesso modo, due studi condotti all’Università di Padova, il primo pubblicato su Annals of Neurology ed il secondo in fase di pubblicazione su Neurology, non hanno evidenziato una alterazione dell’emodinamica venosa cerebrale nei pazienti affetti da SM.
Stessa cosa è avvenuta per altri studi condotti in Germania, Olanda, Libano, Svezia, Canada: per questo occorre andare cauti nel sostegno alla teoria di Zamboni, tanto che alcuni ipotizzano che la Ccsvi possa addirittura essere una conseguenza della malattia, e non la sua causa.
Il Gruppo di Studio Sclerosi Multipla della Società Italiana di Neurologia ha ribadito quindi che, in assenza di una prova scientifica certa della correlazione tra Ccsvi e SM, non è attualmente opportuno sottoporsi ad alcun intervento chirurgico di correzione delle anomalie del sistema venoso.
Eleonora Cresci