Intervento chirurgico o farmaci? I ricercatori dell’Università Cattolica – Policlinico Gemelli di Roma e del New York Presbyterian Weill– Cornell Medical Center non hanno dubbi: per curare il diabete grave di tipo 2 nei pazienti obesi le operazioni chirurgiche anti obesità funzionano meglio dei farmaci, con la malattia che nella maggior parte dei casi arriva a una remissione entro due anni.
Nello studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, il team italo-americano ha analizzato 60 pazienti di Roma con grave obesità e diabete avanzato, divisi in tre gruppi, uno trattato con farmaci come con insulina e antidiabetici orali, uno con bypass gastrico e uno con diversione bilo-pancreatica. Ebbene, a 2 anni dall’intervento, mentre nel primo gruppo non c’è stata remissione della malattia, cioè una normalizzazione della glicemia senza bisogno di assumere farmaci, il diabete è scomparso nel 95% delle diversioni e nel 75% dei bypass.
“Si tratta di interventi con un rischio minimo – commenta Francesco Rubino direttore del Centro di Chirurgia Metabolica e diabete al New York-Presbyterian-Weill Cornell Medical Center, autore senior dello studio- ma che hanno una capacità di migliorare i valori di glucosio e colesterolo nel sangue che li rende ideali nel trattamento del diabete di tipo 2. Anche se la chirurgia bariatrica è stata inizialmente concepita come trattamento per la perdita di peso è ormai chiaro che è un ottimo approccio per la cura del diabete e delle malattie metaboliche“.
La terapia convenzionale del diabete, quando è associato a obesità, non sempre riesce a ottenere un buon controllo della glicemia e una riduzione del rischio cardiovascolare. Ecco allora l’idea di sperimentare l’alternativa: “l’intervento chirurgico – ha aggiunto Geltrude Mingrone, responsabile della Divisione di Obesità e malattie metaboliche alla Cattolica di Roma – non solo migliora i livelli di zucchero nel sangue, ma riduce quelli del colesterolo totale, dei trigliceridi e aumenta quello delle Hdl (il colesterolo buono): così si riduce anche il rischio cardiovascolare”.
A innescare gli effetti positivi non sono quindi tanto fattori quali età, sesso, indice di massa corporea preoperatoria, durata del diabete e perdita di peso conseguente all’intervento, ma meccanismi che coinvolgono la produzione di ormoni e un diverso assetto dell’apparato gastrointestinale. E se per chi risponde bene alle terapie tradizionali non c’è necessità di un intervento, per tutti gli altri, conclude la dottoressa Mingrone, “c’è una chiara indicazione a favore dell’operazione“.
Roberta Ragni