L’Oms fa mea culpa e ammette di aver commesso qualche errore nella gestione della presunta pandemia di influenza A, che ha colpito l’Europa lo scorso inverno. Keiji Fukuda, consigliere dell’Oms sull’influenza, durante un incontro svoltosi ieri a Ginevra per fare un bilancio della situazione, ha spiegato quali sono stati, secondo lui, i punti deboli nella gestione della pandemia.
In primo luogo, Fukuda annovera le sei fasi utilizzate per poter dichiarare una pandemia. Ciò avrebbe creato non poca confusione sull’eventuale pericolosità legata al contagio, soffermandosi più sulla diffusione geografica del virus H1N1 piuttosto che sulla sua severità. Fukuda la chiama “incertezza nella comunicazione”, che si è poi trasformata, agli occhi dell’opinione pubblica in “mancanza di trasparenza”.
In secondo luogo, è stato posto sul banco degli imputati il vaccino. Come sappiamo, i Governi europei ne hanno accumulato scorte eccessive, che adesso non sanno come smaltire. Francia e Germania si erano date agli “sconti” svendendo i vaccini in più a quei paesi dove la pandemia doveva ancora arrivare, a causa delle diverse condizioni climatiche. L’errore, secondo Fukuda, è legato al fatto che si è scoperto troppo tardi che bastava una sola dose per immunizzare contro il virus. Ma ormai i paesi avevano acquistato due dosi di vaccino a testa. Un’ulteriore conseguenza di questo calcolo errato ha provocato una minore disponibilità di vaccini per i paesi più poveri.
Secondo quanto riferito dall’Oms, la pandemia è ancora ufficialmente in corso. Ad oggi, sono state 17.770 le persone morte a causa dell’influenza A, e 213 i paesi colpiti. Molte delle vittime, come spiega l’Organizzazione Mondiale della Sanità, erano giovani con un’età media di 37 anni. Ma occorreranno ancora due anni per determinare con maggiore esattezza l’effettivo tasso mortale del virus.
Per adesso accontentiamoci dell’ammissione di colpa.
Francesca Mancuso