immagine

Fibrosi cistica: le pallottole molecolari il nuovo trattamento

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin

La loro missione è distruggere alcuni meccanismi azionati da pezzetti di DNA che danno origine a gravi malattie genetiche: sono le cosiddette pallottole molecolari, che potranno correggere il difetto genetico direttamente nella cellula.

Uno studio finanziato dalla Fondazione Italiana per Ricerca sulla Fibrosi Cistica e dalla Fondazione Telethon e pubblicato sulla rivista scientifica Human Molecular Genetics mette in luce il trattamento di un’anomalia cellulare che riguarda diverse malattie genetiche, tra cui proprio la fibrosi cistica.

Si tratta, in pratica, di un intervento terapeutico di inserimento di piccolissime molecole di RNA in cellule in coltura – le pallottole, appunto che per ora riguardano tre gravi malattie genetiche: la fibrosi cistica, l’atrofia muscolare spinale (Sma) e l’emofilia B.

Ma l’elenco potrebbe anche allungarsi in futuro, perché il bersaglio di queste che potremmo definire vere e proprie “pallottole” molecolari è un meccanismo cellulare fondamentale, lo splicing, che risulta compromesso in tantissime patologie di origine genetica” spiega Franco Pagani del Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie (Icgeb) di Padriciano-Trieste e coordinatore dello studio

Dobbiamo pensare ai nostri geni come a una sequenza di informazioni discontinua: solo una porzione del suo contenuto va effettivamente tradotta in proteina. Quando un gene viene copiato in RNA messaggero, prima che questo faccia da stampo per la sintesi proteica alcune sue parti vengono rimosse da un macchinario cellulare specializzato: questa attività è appunto lo splicing ed è importante che avvenga con assoluta precisione“.

Aggiunge il prof. Gianni Mastella direttore scientifico della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica: “un gene con sequenza normale del DNA sintetizza la proteina normale di cui è responsabile; un gene mutato produce invece una proteina alterata (o non la produce affatto) e questo può tradursi (a seconda del tipo di gene) in sintomi di malattia. Ci sono mutazioni particolari dette “splicing” che intervengono nel meccanismo per cui il gene si priva di alcuni tratti della sua sequenza e unisce insieme i rimanenti: questi sono quelli capaci di tradurre il suo specifico messaggio e predisporre così la sintesi della proteina di cui è responsabile. Nel caso della fibrosi cistica, questa proteina si chiama CFTR ed è deputata ad assicurare la giusta idratazione di molti organi. Se lo splicing è alterato, può succedere che vengano persi anche tratti importanti di sequenza, perché impropriamente eliminati, e perciò la proteina che ne deriva risulta alterata. Nella fibrosi cistica le mutazioni “splicing” sono circa il 12% di tutte quelle conosciute“.

Si tratterebbe in sostanza di una particolare forma di terapia genica e l’importanza della scoperta sta anche nel fatto che le mutazioni di splicing sono responsabili di altre malattie genetiche oltre alla fibrosi cistica.

Il prossimo passo, conclude Pagani “sarà quello di studiare l’intero gene identificando un piccolo RNA per ogni gruppo di mutazioni genetiche di splicing. Dovremo perfezionare ulteriormente questa tecnica e verificarne l’efficacia anche in modelli animali di queste malattie, veicolando i piccoli RNA attraverso vettori virali, come AAV (Virus Adeno-Associati). Potenzialmente sono davvero tante le patologie di origine genetica dovute a problemi di splicing: la nostra speranza è quindi quella di mettere a punto una strategia non solo mirata ma anche ad ampio raggio d’azione“.

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Per suggerimenti, storie o comunicati puoi contattare la redazione all'indirizzo redazione@wellme.it