Il resveratrolo, la sostanza dal forte potere antiossidante e dalle presunte proprietà antitumorali che si trova nel vino rosso e nella buccia dell’uva, potenzia le proprietà antidolorifiche della morfina.
È quanto rivela uno studio pubblicato su Anesthesia & Analgesia, rivista ufficiale della International Anesthesia Research Society (IARS).
I ricercatori del Cathay General Hospital di Taipei, Taiwan, guidati dal dottor Chih-Shung Wong, hanno analizzato gli effetti del resveratrolo sul dolore, analizzando come la sostanza influenzasse le risposte della morfina, utilizzata come analgesico nelle cure palliative, nei casi di dolore grave e cronico.
Si tratta, però, di una sostanza oppiacea. Questo può comportare, quindi, anche una tolleranza, che ne fa richiedere dosi sempre maggiori per ottenere lo stesso effetto antidolore.
Ma l’uso della morfina ha effetti collaterali, come l’azione depressiva sulla funzione respiratoria, o altri effetti indesiderati, tra cui stipsi, nausea, prurito eccetera. Per questo trovare il modo di ottenere lo stesso effetto analgesico senza aumentare le dosi di morfina sarebbe un’ottima soluzione per tutti coloro che necessitano di questo genere di trattamento antidolore.
Se i risultati venissero confermati, quindi, il resveratrolo potrebbe diventare un valido aiuto per la gestione del dolore. Soprattutto nei pazienti con dolore cronico che sono diventati tolleranti agli effetti della morfina.
Peccato che i test siano stati condotti dagli autori su modello animale, notoriamente topi, in cui è stato provocato dolore, in seguito trattato per alcuni solo con morfina quale antidolorifico, in altri con aggiunta di resveratrolo. E siccome nessuna specie può essere presa a modello di un’altra, sarebbe stato molto più utile e proficuo effettuare questi esperimenti su cellule umane, sviluppate in cultura, in laboratorio.
Perché, come spiega in un’intervista Claude Reiss, per 35 anni direttore di ricerca in biologia molecolare al Cnrs, autore di centinaia di paper scientifici sul tema e consulente, fra gli altri, del programma europeo Reach per la verifica dei prodotti chimici in circolazione,
“i test sugli animali sono un metodo inutile e dannoso. Il 90% dei medicinali testati sugli animali vengono rigettati prima degli esperimenti clinici sull’uomo, perché le prove sono ritenute inattendibili. Ma è ovvio: ogni specie animale ha un proprio genoma unico e irripetibile. Questo comporta che ogni specie, un ratto, un topo, un cane o un uomo, reagisce in modo completamente diverso alla stessa prova”.