Non esiste ancora nulla di concreto, ma quantomeno l’intenzione c’è. Parliamo dell’annuncio fatto l’8 marzo scorso, giorno della Festa della donna, dal ministro della Salute, Ferruccio Fazio, di mettere a punto di disegno di legge finalizzato ad aumentare la presenza delle donne negli studi clinici.
Al momento si tratta però solo di un’intenzione: non esiste infatti ancora una bozza del documento ma solo la volontà da parte del dicastero della Salute di affrontare un problema non di poco conto: cioè la scarsità numerica delle rappresentanti femminili coinvolte attualmente negli studi clinici finalizzati alla messa a punto di un farmaco o di una terapia.
Eppure dovrebbe essere ovvio: l’uomo e la donna sono diversi, sia psicologicamente che fisicamente, e quindi dovrebbe essere naturale, nella messa a punto delle ricerche mediche, tener conto di queste differenze. Viene infatti naturale pensare che, viste appunto le difformità biologiche tra i generi, anche le reazioni ai farmaci siano diverse. Malgrado la logicità di questo ragionamento gli studi clinici si concentrano poco sulle differenze di genere e a prevalere nei campioni esaminati sono spesso gli individui di sesso maschile.
Cosa che, è evidente, rende difficile valutare le possibili conseguenze, gli effetti collaterali ma anche i benefici, che i principi farmacologici e le terapie possono avere sulle pazienti di sesso femminile. Si tratta però di una prassi che ha recentemente attirato l’attenzione del ministro Fazio che ha dunque deciso di mettere a punto un disegno di legge che possa aumentare le quote rosa negli studi clinici in modo da valutare meglio l’impatto dei farmaci sulle donne.
Il titolare del Ministero della Salute ha annunciato la sua intenzione di mettere al più presto a punto il provvedimento nel corso del convegno – che si è tenuto appunto lo scorso 8 marzo – intitolato “Diagnostica e prevenzione amiche della donna“, organizzato dalla Fondazione Bracco. Nel corso dell’incontro il presidente della stessa fondazione, Diana Bracco, ha ampiamente sottolineato l’importanza della nascita di una “medicina di genere”, esigenza che scaturisce proprio dall’urgenza di testare l’effetto dei farmaci anche sul sesso femminile.
Durante il convegno il ministro Fazio ha spiegato che il provvedimento uniformerà i trial clinici di fase I, II e III (studi di nuovi farmaci e terapie) introducendo quindi anche la necessità di avere una quota di donne. Il nostro Paese, ha spiegato ancora il rappresentante del governo, diventerà così uno dei primi in Europa a dotarsi di una normativa del genere. In passato sulla questione era anche intervenuta l’Agenzia europea del farmaco (Emea) – ha aggiunto Fazio – allertando l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) sulla scarsità della presenza di donne negli studi clinici, questo nonostante ci siano almeno 80 specialità della medicina in cui ci sono differenze rilevanti fra uomini e donne.
Negli anni scorsi la concentrazione di uomini su cui testare i farmaci era spiegata in vari modi: dalla difficoltà nell’arruolare le donne negli studi clinici, ai dubbi sulle interferenze indotte dalle variazioni ormonali femminili sugli effetti delle sostanze farmacologiche da testare, alle preoccupazioni sulla possibilità di esporre a rischi di tossicità donne potenzialmente fertili. Per questa serie di motivi le donne in età fertile e le donne in gravidanza sono state sistematicamente escluse dalla maggior parte degli studi clinici. Sfortunatamente però se un farmaco o un presidio medico-chirurgico non è espressamente testato sulle donne non esiste modo di conoscere quali possano essere le condizioni reali di efficacia e di sicurezza sul genere femminile.
L’intenzione espressa dal ministro Fazio di mettere mano a una normativa specifica rappresenta dunque un primo passo per la costruzione di una “medicina di genere” nel nostro Paese, cioè di una medicina che tenga conto delle fisiologiche differenze tra uomini e donne sia nella teoria che nella pratica clinica. In questo campo gli Stati Uniti sono all’avanguardia: alla Columbia University di New York si tiene addirittura un corso specifico di medicina di genere. L’Unione europea fin dal 1998 ha incluso, all’interno dei programmi di ricerca, un invito alle donne a partecipare e a presentare progetti, anche se attualmente nessun Paese dell’Ue si è fornito di una specifica normativa in materia come l’Italia si appresta a fare.
Il testo su cui sta lavorando il ministro Fazio parte dunque proprio dalla presa di coscienza della necessità di considerare il genere come parametro fondamentale negli studi clinici, così da garantire la messa a punto di una salute a misura di donna.
Rosamaria Freda