Dopo oltre un anno di appelli e di richieste, il metodo Zamboni, che sembrerebbe aver trovato un nesso tra la Ccsvi e la sclerosi multipla, potrà essere sperimentato.
L’ultimo appello era stato lanciato da Nicoletta Mantovani, anch’essa affetta da tale patologia. La vedova Pavarotti sui giornali e in tv aveva spiegato che grazie alla terapia messa a punto dal direttore del Centro di Malattie Vascolari di Ferrara, sarebbe stato possibile guarire dalla malattia.
Per questo aveva richiesto al Servizio sanitario nazionale di prendere in carico i malati e di stabilire con precisione i centri dove poter praticare l’angioplastica venosa. Il metodo Zamboni consiste propria nella “liberazione” ossia in un piccolo intervento in grado di guarire l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale. Curando la Ccsvi in questo modo, secondo i ricercatori, ne gioverebbero anche i malati di sclerosi multipla.
Ed ecco quali saranno i centri da cui partirà la sperimentazione: gli ospedali di Genova, La Spezia, Milano S.Raffaele e Reggio Emilia inizieranno a reclutare i 2.000 partecipanti allo studio dell’Associazione italiana sclerosi multipla (Aism) e della Fondazione Fism: 1.200 persone affette da sclerosi multipla, 400 controlli sani e 400 controlli con altre patologie neurodegenerative.
Fino al mese di novembre del 2011, per un anno, sarà portato avanti lo studio, promosso e finanziato dall’Aism che tenterà di accertare una volta per tutte la veridicità della tesi del professor Zamboni e quindi la prevalenza della Csvi nei malati di sclerosi multipla.
Il protocollo dello studio è stato approvato lo scorso 17 settembre da parte del Comitato Etico della Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino di Genova.
Francesca Mancuso