IPotremmo essere sulla buona strada per la cura della Sclerosi multipla (Sm). È infatti del 15 febbraio 2010, la notizia che uno studio americano, precisamente del Jacobs Institute of Neurology dell’Università di Buffalo, ha confermato quanto sostenuto dal professor Paolo Zamboni, direttore del Centro malattie vascolari dell’Università di Ferrara: esiste una stretta correlazione tra la Sclerosi multipla e una nuova patologia, l’Insufficienza venosa cronica cerebrospinale, nota come CCSVI.
La notizia della conferma della teoria, ripresa solo da alcune (poche) testate giornalistiche, segna dunque un punto a favore dello studio italiano che – se confermato in via definitiva – potrebbe portare alla cura della Sclerosi multipla. E questo nonostante nel nostro Paese la ricerca ci vada con i piedi di piombo, un po’ per non creare false speranze alle migliaia di malati di questa patologia, un po’ per un “urtare la sensibilità” – diciamo così – delle aziende farmaceutiche che producono i farmaci che alleviano i sintomi della malattia.
Ma vediamo a quali conclusioni sono giunti i ricercatori di Buffalo. Lo studio americano ha preso in esame 1100 pazienti, e dai dati sui primi 500 è emerso che nel 56,4% dei soggetti con Sclerosi multipla era presente la CCSVI, che aveva invece solo il 22,4% dei sani. Insomma, anche se al momento la ricerca americana ha confermato solo in parte la teoria di Zamboni, si tratta comunque di un ottimo risultato.
”Siamo contenti di questi risultati – spiega all’Ansa Fabrizio Salvi, dell’ospedale Bellaria di Bologna, che ha lavorato con Zamboni alla nuova teoria – perché finalmente il mondo ci dà ragione, anche se le nostre percentuali sono più alte”.
“Contemporaneamente altri gruppi stanno portando avanti questi test“, aggiunge Zamboni.
“Risultati molto interessanti si sono avuti in Canada e in Francia, mentre un gruppo in Giordania ha ottenuto addirittura un risultato del 100%, confermando che questa condizione riguarda tutti i gruppi etnici. Di sicuro, anche se i numeri statunitensi sono più bassi di quelli che abbiamo trovato noi, possiamo considerarli la conferma che il Ccsvi è la prima causa di rischio per la sclerosi multipla“, conclude il professore titolare della ricerca.
Come spiegato in un articolo pubblicato su wellMe il febbraio scorso, secondo Zamboni e la sua equipe l’origine della Sclerosi multipla risiede in una difficoltà circolatoria, la Ccsvi appunto. Curando questa patologia attraverso un innovativo intervento endovascolare mini-invasivo si può ottenere un discreto miglioramento anche della Sm. La CCSVI, diagnosticabile con un ecodoppler specifico, sarebbe quindi correlata al rischio d’insorgenza di Sclerosi multipla. I soggetti che soffrono di questa nuova malattia hanno infatti la possibilità di sviluppare la sclerosi 43 volte di più.
E attraverso il trattamento della CCSVI si può influenzare la prognosi della sclerosi multipla. I pazienti trattati con la terapia endovascolare hanno infatti mostrato una riduzione del numero di ricadute della malattia e una netta diminuzione della percentuale di lesioni attive cerebrali e spinali, associata a un marcato miglioramento della qualità della vita. Lo studio ha dunque scoperto una forte correlazione tra coloro che avevano la sclerosi e i segni di un’insufficienza venosa, suggerendo così che il flusso sanguigno venoso possa essere compromesso e possa contribuire in questo modo a determinare lesioni ai tessuti nervosi.
E mentre stanno per partire le prime sperimentazioni anche nel nostro Paese, precisamente in Emilia Romagna e in Veneto, la teoria di Zamboni si sta facendo strada anche di fuori dei laboratori di analisi. La notizia della nuova possibile cura alla Sclerosi multipla sta infatti facendo il giro del mondo. Secondo un ricercatore dell’Università canadese McMaster, sarebbero già 22mila in tutto il mondo i pazienti che si stanno sottoponendo ai test. Ma non solo.
Sono tantissimi i sostenitori del professore ferrarese anche su Web: basti pensare che solo su Facebook il gruppo sulla Ccsvi conta al momento più di 10mila fan. Secondo quanto sostenuto di recente dallo stesso Zamboni ci vorranno almeno un paio d’anni prima che questa terapia sia disponibile a tutti, ma al momento i presupposti sembrano buoni. Di questo si è accorta anche l’Associazione italiana sclerosi multipla (Aism) che, attraverso la Fondazione italiana per la sclerosi multipla, ha deciso di inserire i progetti di ricerca sulla Ccsvi in un bando di 3 milioni di euro, che scadrà l’8 marzo prossimo, destinato alla Sm.