Sono state individuate delle “super-cellule” che si possono ottenere dalle cellule del cuore, in grado di rigenerare a loro volta cellule cardiache funzionali e di riparare l’organo danneggiato dall’infarto.
I cardiomiociti, le cellule del cuore, possono essere, infatti, una fonte di cellule staminali con caratteristiche ‘differenziative’ vantaggiose rispetto ad altre staminali.
A fare questa sensazionale scoperta due giovani ricercatori rientrati in Italia dagli Usa uno studio italiano, Roberto Rizzi e Claudia Bearzi, che hanno realizzato lo studio in collaborazione tra l’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma e l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico MultiMedica di Milano.
Già nel 2006 un ricercatore giapponese, Shinya Yamanaka, ha dimostrato la possibilità di riportare cellule neonatali e adulte, quindi già differenziate, ad una condizione di “staminalità”, con la capacità di generare tessuti pari a quella delle cellule staminali embrionali con l’introduzione di pochi geni fetali. Queste staminali ottenute da cellule mature erano state definite multipotenti indotte
La nuova ricerca, finanziata dal ministero della Salute nell’ambito del programma “Giovani ricercatori“, apre ora a nuove prospettive nel panorama delle terapie cellulari. I due esperti sono riusciti a dimostrare che “introducendo geni fetali nel genoma di cardiomiociti post-natali è possibile ricondurre queste cellule già differenziate a uno stato embrionale“. I cardiomiociti, infatti, hanno capacità proliferative minime, se non assenti, e ciò significa che in seguito a danno ischemico cardiaco, come con l’infarto, si crea una cicatrice, riducendo la capacità funzionale del cuore. Una situazione nota come scompenso cardiaco.
Una volta ottenute le staminali dai cardiomiciti, queste sono state poi indotte a differenziarsi nuovamente in cellule cardiache. La ricerca, pubblicata su Cell Death and Differentiation, ha messo in evidenza che le cellule multipotenti indotte, ottenute dai cardiomiociti, hanno una capacità maggiore di ridiventare nuovamente cellule cardiache contrattili, rispetto ad altre cellule staminali, e ne ha definito le basi molecolari stabilendo che questa ‘memorià dipende da pochi geni. “Grazie alle loro capacità differenziative, queste cellule potranno essere utilizzate per la riparazione del miocardio danneggiato“, concludono i ricercatori.
Roberta Ragni