Distinguere una donna che guarirà da un tumore ovarico da una che, invece, sarà soggetta a recidive sarà possibile misurando piccoli frammenti di Rna, molecole naturali simili a quelle del DNA.
Lo studio, italiano, è stato effettuato al Mario Negri di Milano su un campione di 144 pazienti con un’osservazione di nove anni dalla diagnosi.
I ricercatori hanno parlato della cosiddetta “firma molecolare”. In pratica, quando la molecola miR-200c è presente nelle cellule tumorali, le pazienti con tumore al primo stadio hanno maggiori possibilità di guarigione. Al contrario, quando la molecola manca, c’è un alto rischio di recidiva.
Per arrivare a questa conclusione, gli studiosi hanno esaminato una classe di molecole di Rna, chiamate micro-Rna, che non sono in grado di produrre proteine necessarie all’organismo, ma regolano il funzionamento di altri geni, tra cui quelli che determinano la crescita del tumore all’ovaio. Una di queste molecole è proprio la miR-200c, la cui presenza nelle cellule tumorali dice molto.
“Abbiamo visto – dice Maurizio D’Incalci, coordinatore dello studio – che l’azione di questo micro-Rna regola l’azione dei geni coinvolti nel tumore dell’ovaio al primo stadio. Il miR-200c, in particolare, ha dimostrato di poter ridurre l’espressione di un fattore rilevante per la crescita del tumore, il Vascular endothelial growth factor (Vegf). E così dalla sperimentazione è emerso che la presenza del miR-200c garantisce una possibilità di guarigione. Viceversa nelle pazienti in cui mancava questa molecola le speranze di sopravvivenza erano minori“.
“Questi dati – concludono gli studiosi – sono di grande importanza per gettare le basi per effettuare le terapie più appropriate nelle diverse pazienti con carcinoma dell’ovaio allo stadio 1, sulla base del rischio di recidiva. Inoltre si intravede la possibilità di sviluppare nuove terapie più efficaci in gruppi selezionati di pazienti con questa malattia“.
In Italia, il tumore ovarico colpisce 5 mila donne ogni anno e nel 73% dei casi viene diagnosticato molto tardi. Tra queste solo il 30-40% delle pazienti guarisce, mentre il 60% può solo sperare di trasformare il tumore in una malattia cronica che comunque non regala un’aspettativa di vita maggiore dei tre anni. Solo nel 25% dei casi, dunque, questo cancro viene diagnosticato in una fase precoce, quando le possibilità di guarigione sono intorno all’80-90%.
La ricerca è stata pubblicata oggi su Lancet Oncology.
Germana Carillo