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Tumori. Staminali non sane causano il male

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È tutta italiana la ricerca pubblicata il mese scorso sulla rivista Cell secondo la quale ciò che fa proliferare le cellule impazzite sono le staminali che diventano letteralmente matte e riempiono l’organo malato di cellule figlie.

Arrestando le cellule staminali, quindi, si potrebbe bloccare la crescita del tumore senza bersagliare l’intero organo.

L’équipe, coordinata da Pier Giuseppe Pelicci e condotta da Angelo Cicalese e Giuseppina Bonizzi dell’Istituto europeo di oncologia e dell’Ifom, l’Istituto di oncologia molecolare di Milano, ha individuato lo scambio che può far rinsavire le staminali malate del cancro.

Si tratta del gene p53, che produce una proteina con lo stesso nome. Si è osservato che nel tessuto della mammella di alcuni topolini di laboratorio malati di cancro questa proteina non funzionava, con la conseguenza che le staminali di quel tessuto si comportavano in modo diverso.

Se, infatti, nella norma le staminali si dividono in due, generando un’altra staminale e a una cellula destinata a specializzarsi in una funzione nell’organismo, quando il p53 non funziona, dalla staminale madre si formano due figlie entrambe staminali. Queste stesse cellule figlie fanno crescere la massa di un tumore.

E ora quello che propongono i ricercatori italiani è un farmaco che ripristina la funzione del p53 e riporta le staminali sulla strada della divisione sana. Si tratta di una molecola già individuata negli anni scorsi, grazie alla quale in un paio di mesi, la massa del tumore ha effettivamente smesso di crescere.

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