assorbenti interni

Mini-guida all’utilizzo degli assorbenti interni

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Non preoccupatevi: è più difficile a dirsi che a farsi. Stiamo parlando degli amati/odiati assorbenti interni, altrimenti detti tamponi, una delle migliori invenzioni del secolo scorso, che però soffre ancora di pregiudizi, preconcetti, paure.

C’è chi si rifiuta di usarli perché ha paura di perdere la verginità (impossibile!), chi si immola per la causa femminile (perché le donne, per definizione, devono soffrire), chi si incatena al letto o al pigiama per paura che una doccia o un bagno fatti in quei giorni la possano tramortire per sempre. Tutte fandonie! Tutte antiche convinzioni, orchestrate nei secoli, studiate per favorire e incrementare la sottomissione femminile e per rafforzare il concetto di sesso “debole”. Roba, insomma, di cui è meglio liberarsi.

Perché soffrire di più quando già avere il ciclo è abbastanza doloroso di per sé? Magari poter fare altre attività in libertà (sport, piscina e qualsiasi altra cosa vi dica la testa) può perfino farci dimenticare di essere nel pieno del bollino rosso. Sapevate che anche Cleopatra e le altre donne egizie utilizzavano una specie di antenato del tampone? Pare fosse un mini rotolo di papiro. E dopo migliaia di anni, siamo ancora qui a ragionarci su!

Certo, acquistare gli assorbenti interni e aprire il foglietto illustrativo non aiuta per niente. Anzi, potrebbe essere traumatico.

Primo consiglio

La prima volta fatelo con un’amica, una sorella maggiore, la mamma. Vi aiuterà!

Una volta aperta la scatola, ecco il magico bugiardino con tanto di scritte allarmanti sulla sindrome da shock tossico (TSS) e su quanto si possa soffrire se si è tanto sfortunate da beccarsela.

Quando si è arrivate alla fine del foglietto, l’istinto è di buttare via tutta la scatola e di ritornare non agli assorbenti normali, ma proprio ai pannolini, così, per disperazione.

Secondo consiglio

Non fatevi traumatizzare dalla parte sulla TSS, è una malattia rara, non prenderà proprio voi. Intanto, però, iniziate a lavarvi molto bene le mani. Ho detto molto bene! La corretta igiene è la vostra prima grande sicurezza.

La seconda scritta più evidente del foglietto è la parola “RILASSATEVI”, quasi come un comandamento. Certo che leggerla così perentoria non aiuta per nulla a rilassarsi, anzi, porta l’ansia a mille.

Terzo consiglio

Rilassatevi per davvero: accendete lo stereo sulla vostra musica preferita e pensate che non accadrà nulla che voi non vogliate, che le vostre mani vi guideranno ad evitare ogni dolore, che dopo sarete un passo avanti a tutte le altre.

Ecco, ci siamo: mettevi in piedi con le ginocchia leggermente piegate, scartate il famigerato tampone e prendete in mano l’applicatore, che è composto da due tubicini di cartone, uno dentro l’altro; tirate verso l’esterno il tubicino interno fino a sentire click: in questo modo l’applicatore si sarà allungato.

Tenete sempre d’occhio la cordicina che pende. Poi posizionate l’altra estremità, cioè la punta arrotondata del tubicino esterno, proprio lì, all’ingresso della vagina.

Dove?! Come, “dove”? Non trovate il punto? Ahi ahi, non ci siamo.

Quarto consiglio

Iniziate a conoscere meglio il vostro corpicino. Esploratevi, osservatevi, tastatevi. Non state facendo peccato! Fidatevi, lo capirete subito. Sì sì, è proprio lui. È forse più giù di dove ve lo aspettavate, però è lui! Un giorno, di lì, passerà un bambino. Vabbè, per il momento pensiamo a farci passare almeno l’assorbente interno.

Ce l’avete quasi fatta! Ora, tenendo ferme due dita sugli anelli rigati dell’applicatore, con l’indice spingete il tubicino interno completamente dentro quello esterno. È fatta! Senza accorgervene avete “sparato” dentro il tampone. Ora non vi resta che rimuovere con molta delicatezza i due tubicini (e non gettateli nel WC ma nella pattumiera classica!), e a questo punto, se avete fatto tutto giusto, non dovreste sentire particolari fastidi, e dovreste vedere il cordino bianco che penzola giù beato. Lasciatelo lì! Vi servirà tra 3 – massimo 6 ore, quando il tampone vi implorerà di essere tolto. A quel punto vi basterà tirare, ma sempre delicatamente, mi raccomando!

Visto? Non era niente di tanto stravolgente. Non siete morte, non avete perso la verginità, non avete sofferto le pene dell’Inferno e per di più siete infinitamente libere di fare qualunque cosa, anche di indossare quel pantalone bianco appena comprato, che vi stava tanto bene. Potete dormirci, farci il bagno o la doccia, potete persino andare alla toilette come sempre (ebbene sì, sono due “sorgenti” diverse! Non lo sapevate?).

Ricordatevi, però: non usate i tamponi per assorbire perdite di altri generi, o come prevenzione in periodo pre-mestruale. Tenerseli dentro asciutti per ore può non essere granché piacevole.

Volete sapere chi ha inventato i tamponi? È stato il dottor Earl Haas, di Denver, Colorado. Ha preso spunto da un’amica che bloccava il flusso mestruale inserendo una spugna in vagina. Il brevetto, creato nel 1933, fu però rifiutato da molte aziende, compresa la Johnson&Johnson (che ora ci guadagna alla grande), finché a crederci non fu una donna, Gertrude Tenderich, che tre anni dopo, nel 1936, fondò la Tampax.

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