L’Argentina sforna una nuova celebrità: Rosita. Ma Belen può fare sogni tranquilli: non stiamo parlando dell’ennesima starlette-rivelazione, ma della prima mucca OGM in grado di produrre latte materno.
Non lasciatevi ingannare dal suo nome non troppo originale, né dal suo aspetto “normale”: Rosita è un vitello straordinario nelle caratteristiche, visto che sarà in grado di produrre latte “umano”, straordinario anche nelle dimensione, perché alla nascita Rosita pesava 45 chilogrammi, il doppio di un bovino normale.
Nel DNA della neo mucca i ricercatori del National Institute of Agrobusiness Technology hanno inserito alcuni geni umani, quelli che producono la lattoferrina, una proteina che rinforza il sistema immunitario, e il lisozima, una sostanza antibatterica.
“Il nostro obiettivo era quello di aumentare il valore nutrizionale del latte di mucca con l’aggiunta di questi due geni umani che forniscono ai neonati protezioni antibatteriche e antivirali”,
ha spiegato Adrian Mutto, coordinatore della ricerca.
Ma a quanto pare il caso di Rosita non sarebbe l’unico. Di recente anche dalla Chinàs Agricultural University di Pechino hanno fatto sapere di avere un’intera mandria di 300 mucche transgeniche già in grado di produrre latte simile a quello umano.
Che si tratti di un primato oppure no, ciò che è certo è che l’annuncio di “super” Rosita ha riacceso il dibattito sul difficile connubio tra etica e clonazione, tra sostenitori e detrattori.
A noi la nascita di Rosita sembra una buona occasione per tornare a parlare delle virtù dell’allattamento naturale e del latte materno (quello davvero materno). Ma anche per sottolineare che già esistono delle valide alternative al latte materno, oltre a quello artificiale, come quello d’asina.